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Datteri di mare? No grazie!

Autore: Laura Cuomo | Pubblicato Ottobre 2016 in Cultura

I datteri di mare (Lithophaga lithophaga) sono dei mitili bivalvi dalla forma di dattero da cui, per sembianze e colore, derivano il nome. Il dattero di mare vive all’interno di rocce calcaree che corrode tramite secrezioni acide e si nutre di materiale organico che raccoglie estroflettendo una sorta di sifone al di fuori della galleria.

La crescita dei datteri di mare è estremamente lenta: il mollusco può raggiungere le dimensioni massime di 8/10 cm, ed è stato calcolato che per raggiungere una lunghezza di 5 centimetri sono necessari dai 35 ai 40 anni. La crescita dei datteri di mare avviene all’interno di rocce calcaree: qui le popolazioni di questi molluschi possono raggiungere densità massime fino a 300 individui/m², che si sviluppano perpendicolarmente, soprattutto lungo i primi metri di profondità (1/5 mt).
La pesca dei datteri è estremamente invasiva e distruttiva per gli ambienti e per i litorali rocciosi che ospitano questi molluschi, in quanto avviene solo distruggendo la roccia attraverso l’utilizzo di attrezzi illeciti quali piccozze e martelli pneumatici, che causano gravi danni all’ecosistema marino. Non a caso si parla di desertificazione ed è per questo che la pesca dei datteri di mare è vietata e perseguita dalla Legge. I fondali più minacciati dalla distruzione connessa alla pesca del dattero sono gli ambienti litoranei di falesia calcarea, che coincidono spesso con la localizzazione di numerosi parchi o riserve marine.

E’ stato calcolato che per preparare un piatto di linguine ai datteri di mare, è necessario distruggere 1 mq di superficie marina! Il “prezioso” mollusco è stato pertanto dichiarato sin dal 1992 tra le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa. La pesca e la messa in commercio del dattero di mare è considerata una pratica fuori legge e per questo è vietata dal 1988 in Italia e, dal 2006, in tutta la Comunità Europea.

La pena per la pesca di frodo per la detenzione e il commercio del dattero di mare, prevede l’arresto da due mesi ad un anno e un’ammenda da 516 a 3.098 euro.
La penisola sorrentina, risulta essere tra le zone più battuta in Italia per questo tipo di pesca, con un giro di affari – come denuncia Legambiente - pari a due milioni di euro l’anno.

Il danno ambientale calcolato ogni anno - solo in Campania - si stima intorno a 70.000 metri quadrati di desertificazione dei fondali e in altri 30.000 in Salento. Le coste campane e quelle pugliesi sono le più battute dai pescatori di frodo ma si registrano frequenti casi anche in Toscana, nelle Cinque Terre e nel litorale spezzino e nelle coste sud orientali della Sicilia. Insomma, dove la costa lo consente, è molto facile trovare qualche sub armato di martello e scalpello.
Un bracconiere riesce a raccogliere fino a 25 kg di datteri al giorno, provocando la desertificazione di 5 chilometri di costa ogni anno. Considerando che per completare la sua crescita un dattero di mare impiega fino a 80 anni, comprendiamo quanto sia grave il danno arrecato all’ecosistema marino. Quindi, se mai al ristorante dovessero proporci una linguina al dattero di mare ricordiamo che è assolutamente illegale e che anche il consumatore è passibile di ammenda per istigazione al reato.