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SORDITA’ INFANTILE: il delicato compito dell’audioprotesista nella protesizzazione

Autore: Marianna Grazioso De Pascale | Pubblicato Maggio 2017 in Salute

La protesizzazione del bambino rappre­senta l’intervento più complesso e forse più difficile in campo audiologico, poiché il piccolo paziente non è in grado di esprimere direttamente i propri giudizi su decisioni tera­peutiche che permettono di ottenere risultati eclatanti solo a lungo termine. Obiettivo della prescrizione protesica nel bambino è raggiun­gere una confortevole udibilità dei suoni am­bientali e del parlato. La prescrizione della pro­tesi è di competenza dell’audiologo, tuttavia nel bambino la decisione non deve essere as­sunta da una sola persona, ma deve coinvolgere l’audiometrista, l’audioprotesista, il logopedista e i GENITORI, in modo da ottenere i risul­tati migliori. La perdita uditiva, l’età del bambino, il suo sviluppo motorio de­terminano la scelta del tipo di protesi. E’ necessario dare al piccolo paziente i p o a ­cusico un’elevata amplificazione del segnale sonoro, in modo da potenziare la percezione di quelle informazioni acustiche necessarie per sviluppare l’apprendimento del linguaggio ora­le. Le modalità di applicazione variano, natural­mente, da caso a caso: è importante però che l’audioprotesista unisca la fermezza alla dolcez­za in tale operazione.

L’apparecchio deve essere presentato con naturalezza, senza drammatizzare il momento delicato. Il bambino dovrà avere la possibilità di osservarlo, toccarlo, manipolarlo e scoprirlo. Una volta applicata la protesi, il piccino si trova immerso in un mondo di suoni a lui sconosciuti. Le sue espressioni di meraviglia, i suoi atteggia­menti giocosi sono molto spesso la dimostra­zione di quanto sia facile superare il “fastidio” della procedura meccanica appena messa in atto. Il piccolo paziente deve abituar­si gradualmente a portare le protesi acustiche. Ini­zialmente il tem­po di applicazione sarà di 30 minuti, poi di qualche ora, fino via via ad aumentare arrivando all’inte­ro arco della giornata. L’adattamento dipende da bambino a bambino: c’è chi le indossa su­bito tutto il giorno, chi invece ha più difficoltà ad abituarsi. L’esperienza ci porta ad affermare che più il bambino è piccolo e più è facile per lui adattarsi all’apparecchio acustico: è egli stesso, infatti, che lo cerca al mattino quando si sveglia, che protesta quando gli viene tolto, che si ac­corge quando non funziona, ecc..

Un impianto cocleare (coclea artificiale, orecchio bionico) è un orecchio artificiale elet­tronico in grado di ripristinare la percezione uditiva nelle persone con sordità profonda, ed è utilizzato quando le protesi acustiche non ot­tengono il risultato sperato (Wikipedia). Secon­do le più recenti linee guida nel caso di bambini di età compresa tra i 12 e i 24 mesi le indica­zioni all’impianto cocleare sono rappresentate da una sordità profonda bilaterale con scarso beneficio da una protesizzazione tradizionale dopo un periodo sufficientemente prolungato (almeno 6 mesi) di utilizzo della protesi acustica e di riabilitazione logopedica.
Una delle variabili più importanti nel condi­zionare le prestazioni post impianto del bam­bino è l’età al momento dell’impianto. Dopo i 3 anni di vita la plasticità cerebrale si riduce e ancora di più dopo i 7 anni per poi scomparire completamente dopo i 10 anni; pertanto più precocemente viene eseguita la procedura d’impianto e minori saranno le problematiche di deprivazione sensoriale e maggiore lo sviluppo delle abilità percettive e della produzione ver­bale. Pertanto c’è attualmente l’orientamento ad eseguire l’impianto cocleare tra i 12 ed i 18 mesi. Dopo i 6 anni di vita, in bambini con sordità profonda che hanno presentato scarso benefi­cio protesico, i risultati sono marcatamente in­feriori.