
Maltrattamenti in famiglia e violenza assistita

Liti selavagge e scontri incivili tra i genitori all’interno delle mura domestiche e davanti ai figli minori, costretti ad assistere alle violenze, fisiche e morali, possono integrare il reato di maltrattamenti in famiglia.
In questo caso il bene giuridico protetto è la famiglia, la cui incolumità, fisica e psichica, va tutelata e difesa. La tutela riguarda tutti i componenti della sfera familiare che rischiano un pregiudizio alla propria integrità psico-fisica a causa dei comportamenti aggressivi maturati in detto contesto.
Nei maltrattamenti possono rientrare non soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce, le privazioni e le umiliazioni, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa.
La Corte di Cassazione recentemente ha stabilito che, anche se le violenze e i soprusi non investono direttamente i bambini, questi devono considerarsi vittime di “violenza assistita”, poiché costretti ad assistere passivamente ai litigi.
Il reato di violenza assistita è previsto nel nostro codice penale quale circostanza aggravante del reato di maltrattamenti in famiglia, che è previsto e punito dall’art. 572 c.p. con la pena della reclusione da due a sei anni e consiste in una serie ripetuta di atti vessatori commessi a danno di familiari o di persone legate da un rapporto di convivenza stabile.
La violenza assistita di cui i bambini sono vittime può comportare gravi ripercussioni negative nella loro crescita morale e sociale.
Ovviamente, essendo il maltrattamento fondato da una relazione solo indiretta tra il comportamento dell’agente e la vittima, sarà necessaria una prova rigorosa che l’illecito abbia cagionato, secondo un rapporto di causa-effetto, uno stato di sofferenza di natura psicofisica nei minori, spettatori passivi.
L’adulto che si trova a subire una violenza domestica, a maggior ragione se alla presenza dei propri figli, è l’unico soggetto che può e deve denunciare i reati subiti, nel proprio interesse e, in particolar modo, di quello dei minori. La denuncia può essere preceduta o seguita da una consultazione con un centro antiviolenza, un mediatore familiare o un avvocato per farsi consigliare sulla strada più opportuna da intraprendere a seconda della gravità del caso e, nelle ipotesi più gravi, al fine di ottenere l’allontanamento del familiare violento.
Avv. Patrizia Cappiello
Via dei Platani 11
(Parco Arancia - C.Commerciale Pallotta) Scala C 2^ Piano di Sorrento
Cell. 3391970892
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