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Scopriamo il ruolo dell'ostetrica. Intervista a Maria Rosa Zarrella

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Gennaio 2020 in Salute

Aspettare un bambino è il momento probabilmente più straordinario della vita di una persona, denso di magia, incertezza, attesa, trepidazione, trasformazioni, speranze, sogni, dubbi, paure, entusiasmo, come mai in nessun’altra epoca dell’esistenza può accadere. Si è consapevoli che si sta giocando la partita più importante della propria vita, e pertanto c’è bisogno dell’aiuto delle persone giuste. Gli specialisti della donna in attesa sono il ginecologo e l’ostetrica. Quest’ultima figura, che ha origine antichissime, identificandosi anticamente nel ruolo della “levatrice”, è poco conosciuta e utilizzata in Italia, ma in realtà rappresenta una preziosa professionista che si forma attraverso un rigoroso percorso di studi dedicato e svolge funzioni che sono molto più estese e complesse che non l’assistenza durante il parto: è l’alleata della salute genitale femminile dalla pubertà alla menopausa. Lo scopriremo in questa intervista ad una giovane e appassionata professionista di Massa Lubrense, Maria Rosaria Zarrella, per tutti “l’ostetrica Mary”.
Maria Rosaria, di quale momento della vita di una donna si occupa l’ostetrica? Quali sono esattamente le vostre mansioni e compiti?
L’ostetrica è la professionista sanitaria che si occupa del benessere e della fisiologia dell’evoluzione della donna dal menarca alla menopausa. Può lavorare sia in regime di libera professionista che in un contesto pubblico, in autonomia nel campo della fisiologia ma nel momento in cui ravvisa segnali di deviazione da quest’ultima è tenuta a richiedere prontamente la consulenza di un medico specializzato. L’ostetrica è una figura fondamentale in molti ambiti, non solo la gravidanza, il parto ed il puerperio, come siamo soliti pensare. Ella si può occupare tramite corsi di formazione specifici post-laurea anche di altre tematiche interconnesse tra loro, al cui centro c’è sempre la donna: ciclo mestruale, pavimento pelvico, sessualità, contraccezione, prevenzione della sfera genitale, per citarne alcune. 
Qual è il rapporto tra ostetrica e ginecologo nell’assistenza alla donna durante la gravidanza, travaglio e parto? 
L’ostetrica è la professionista della fisiologia e il ginecologo/a è il professionista medico della patologia. Sono due figure distinte la cui cooperazione è imprescindibile. Ma per rispondere a questa domanda vorrei invitarvi a leggere questa riflessione fatta da Verena Schmid nell’editoriale n° 88 del D&D (il giornale delle ostetriche): “Effettivamente, chi controlla la gravidanza e il parto? Nessuno, se non mamma e bambino. Gravidanza e parto sono eventi incontrollabili, guidati dal nostro cervello vegetativo, indipendente dalla volontà, e seguono un loro progetto a noi sconosciuto che si rivela solo nel tempo”. Questa realtà, di cui siamo tutti consapevoli (alcuni più altri meno), crea un senso di impotenza in noi operatori intorno alla nascita e la maternità. Il bambino nasce con un progetto di vita, sa come crescere e la mamma è piena di lui. La mamma può percepire nella sua profondità come sta il bambino, e può uscire dal suo senso di impotenza proprio grazie al legame col figlio. Ascoltando il proprio corpo e il proprio bambino. Anche gli operatori possono uscire dal loro senso di impotenza: mettendo al centro la donna, ascoltandola, creando un campo favorevole e protetto intorno a lei, sostenendola affinché scopra le su innate risorse interiori. Noi operatori dobbiamo essere consapevoli di avere il compito di sorvegliare (meglio se in punta di piedi) che tutto vada nel migliore dei modi e intervenire solo quando è necessario. Fare di più non vuol dire fare meglio.
Dopo il parto, il vostro ruolo si esaurisce o continuate ad assistere la donna e il bambino anche nelle epoche successive?
Studi scientifici sostengono l’efficacia della continuità assistenziale dell’ostetrica dalla gravidanza al puerperio. Quando nasce un bambino nasce anche una mamma, che più che mai può avere la necessità del supporto di una figura sanitaria di cui si fida perché già la conosce. L’ostetrica promuove e sostiene l’allattamento al seno e tutte le pratiche chiamate di “alto contatto”. Di fronte a situazioni nuove, in contesti in cui magari si sentono mille opinioni diverse, è facile per una neomamma demoralizzarsi e scegliere la via più “comoda” - quale l’allattamento artificiale - e può essere invece di grande ausilio avere una figura che si cala nella realtà quotidiana e con la quale poter parlare apertamente, che dimostra che volendo nella maggior parte dei casi quelli che sembrano ostacoli insormontabili sono situazioni transitorie e risolvibili, forse fastidiose ma difficilmente serie.
Il vostro lavoro implica anche molta attenzione agli aspetti psicologici, oltre alle mansioni operative, dato che la donna affronta in gravidanza e dopo il periodo più delicato e importante della sua vita, vero? 
L’aspetto psicologico è fondamentale. L’essere umano è meravigliosamente complesso. Molto d’aiuto può essere l’ottica PNEI (psico-neuro-endocrinologia) che descrive la salute come un evento dinamico, dato dall’interazione continua e l’equilibrio tra psiche, sistema ormonale e sistema vegetativo.  Assistere la donna nella sua globalità e ciclicità è importantissimo. 
Come si diventa ostetrica? Raccontaci un po’ la tua storia, come hai deciso di diventare ostetrica e poi qual è stato il tuo percorso di formazione.  
È bello dire che ostetrica non si diventa ma ci si nasce! Non è un semplice lavoro. Io non faccio l’ostetrica, io sono ostetrica.  Per diventare ostetrica in Italia è necessario superare innanzitutto un esame di ammissione, in quanto è una facoltà a numero chiuso. Una volta entrata, c’è una alternanza tra lezioni e tirocinio pratico. Vidi il mio primo parto il primo giorno di tirocinio, lo ricordo benissimo. La mamma fu bravissima, era al suo secondo parto, fu un travaglio breve, ci permise di rimanere anche se non avremmo potuto, e nacque una bellissima bambina, di nome Elena. Al mio terzo anno ho vinto la borsa di studio Erasmus a Valencia. È stata un’esperienza fantastica sia dal punto di vista professionale che personale. Il sistema sanitario spagnolo è diverso da quello italiano. Ad esempio la città è divisa in “quartieri” con il proprio “centro di salute” di riferimento, nel quale lavorano le figure professionali sanitarie di base, tra cui l’ostetrica che segue le gravidanze fisiologiche sin da subito in collaborazione con gli altri professionisti. Il 16 aprile 2019 ho sostenuto l’Esame di stato che mi ha abilitato alla professione e ho dissertato la mia tesi conquistando un bel 110 e lode. Mi sono iscritta all’ordine delle ostetriche di Napoli e ho frequentato diversi corsi come quello sull’allattamento e la PNEI delle mestruazioni. Do’ una grande importanza all’aggiornamento continuo per offrire un’assistenza sempre più completa.  Con l’anno nuovo mi recherò in Africa a fare una missione di volontariato che mi darà un’ulteriore lezione di vita e professionale. A maggio frequenterò un corso per approcciarmi al mondo della riabilitazione del Pavimento Pelvico. Insomma, la voglia e la grinta non mi mancano!
Qual è l’aspetto più bello del tuo lavoro di ostetrica? 
Essere a contatto con le donne, ascoltare le loro storie, vedere le loro facce interessate quando si parla della meraviglia e le potenzialità del nostro corpo, i papà che si emozionano, l’amore che solo una mamma può provare, riuscire ad aiutarle di fronte agli ostacoli. La potenza della nascita poi è qualcosa che va oltre l’essere umano, soprattutto se rispettata. Essere testimone di tutto questo è un onore per me.
Storicamente esistevano la figura della levatrice e della mammana, cos’è rimasto di loro in voi ostetriche moderne? 
L’ostetrica di comunità, come quelle di una volta che andavano di casa in casa con la loro borsa, fortunatamente, tornando a essere una realtà. Rispetto alle figure storiche della levatrice e della mammana, la principale differenza è la conoscenza e le pratiche basate sulle più aggiornate evidenze scientifiche. Di loro ci rimane il dono della cosiddetta “arte del tocco” e la clinica. Siamo così abituati ad affidarci a macchinari esterni che abbiamo dimenticato che le mani sono il nostro strumento più valido, associato alla vista ed all’ascolto. 
Quali sono i limiti e gli ostacoli che oggi voi ostetriche trovate nell’affermare la vostra professionalità?      
E’ una domanda cui è difficile rispondere. In altri Paesi del mondo non c’è questa difficoltà a farsi conoscere (in Spagna ad esempio è una professione molto ambita e rispettata). Anche al Nord Italia l’ostetrica di comunità è una figura sempre più presente ed apprezzata. Il problema principale è il retaggio che gli ultimi 50 anni di storia ci hanno lasciato. Da quando la nascita è stata ospedalizzata, implicitamente si è associato la gravidanza e il parto quasi a una patologia. Le donne hanno iniziato a delegare la propria salute a un terzo che non si è fatto problemi a far loro credere che fosse la strada giusta.  Ma le evidenze scientifiche riguardanti l’ostetricia adesso sono chiare e conosciute in tutto il mondo. Resta ancora un passo da fare: prenderne atto.
Tu hai una pagina Facebook costantemente aggiornata, trovi sia utile utilizzare anche questo canale di comunicazione non accademico? 
Si, assolutamente. Sebbene sia giovane, non sono mai stata una dipendente dal cellulare, ma bisogna adeguarsi per fare un po’ di divulgazione corretta. C’è n’è tanto bisogno!  Il mio scopo non è raggiungere chissà quale pubblico ma, in coloro che seguono la mia pagina, lasciare tanti “semini” che forse daranno un frutto, far sorgere la curiosità, lasciarsi affascinare dalla potenza del corpo femminile e della natura e creare quindi un po’ di sana consapevolezza.