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Lettera di un’adolescente alle prese con la pandemia

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Gennaio 2021 in Salute

Una ragazza che ho avuto in cura da che è nata mi ha aperto una pagina del suo diario come fosse quella del suo cuore. Con il suo permesso e della madre, trascrivo integralmente il suo scritto, perché sia prezioso spunto di riflessione per noi adulti su quanto sia difficile tutto quello che la vita ai tempi del Covid-19 sta richiedendo ai ragazzi.
“Caro diario,
mi chiamo Brenda e ho 13 anni. Ci troviamo nel 2020, un periodo molto difficile, purtroppo è in corso una pandemia. Stiamo in quarantena… non è facile. Spesso a noi ragazzi gli adulti ci sottovalutano, pensano che a noi fa piacere stare isolati da tutto e da tutti. Beh, non è affatto così! Noi ragazzi abbiamo tante ambizioni e sogni e questo Covid ci sta portando via i nostri anni più belli. Ci vedete incollati al telefono ma purtroppo è l’unico modo per avere un contatto con la realtà. Io purtroppo questa quarantena non la sto prendendo molto bene. Mi manca l’interagire con il prossimo… i professori poi danno molti compiti e devi stare 5 ore incollato davanti al computer a seguirli e altre 2-3 ore minimo a studiare. Io non ho più un posto dove sfogarmi. Prima avevo la danza… Mi aiutava tantissimo anzi, in poche parole mi rendeva felice. Io sto raccontando questo disagio dal punto di vista dei ragazzi che molto spesso vengono considerati i più nulla facenti e stupidi su questo Pianeta. Ma voi adulti avete mai provato a mettervi nei panni di un ragazzo? Guardate che le parole fanno molto male. Ci sono quelli più forti, ma ci sono anche quelli deboli. Quelli che magari affrontano il tutto con disinvoltura ma anche quelli a cui vengono i peggiori pensieri in testa. Lo so possiamo sembrare antipatici e scontrosi ma… Ehi alla fine se ci pensate tutti sono passati in questa fase. Vengono giorni in cui hai voglia di fare tutto, ridere, giocare, voglia di vivere... Ma ci sono anche i giorni in cui la voglia di scherzare, giocare, essere felice manca. Sei in quell’età in cui vedi la bambina in te tanto amata che piano piano se ne va e allo stesso tempo avvicinarsi piano piano la donna con una vita difficile. Non è facile, vogliamo fare i grandi, i maturi, ma non lo siamo. Ci mancano tutte quelle coccole che ricevevamo e i giochi che facevamo con la famiglia. Lo nascondiamo molto bene. Ma nessuno, neanche i genitori, possono capire veramente quello che hai dentro. Per me è così. Ti è mai capitato che spesso ti domandano ‘Come stai?’ e tu rispondi ‘bene!’ ma in realtà nel profondo del tuo cuore stai a pezzi e vuoi solo distruggerti e aspetti tanto che qualcuno dica ‘Stai male? Vuoi parlarne?’. Ora più del solito che stiamo in quarantena tutti i più cari amici a cui dicevi tutto stanno lontani e ti tocca convivere con la tua sofferenza. Potete aprirvi con i genitori ma non vi capiranno mai quanto vorrete essere capiti voi. Provate a scrivere, come ho fatto io, rilassa, un diario sa capirti e ascoltarti molto bene. Provateci e se avete problemi affrontateli con il sorriso! A presto, Brenda.”
Questa lettera ci dice tante cose, nella sua disarmante autenticità.
Innanzitutto, il rapporto degli adolescenti con la pandemia: vissuta come qualcosa che gli sta rubando la vita: “questo Covid ci sta portando via i nostri anni più belli”. Esperienze, emozioni, avvenimenti saltati e non recuperabili perché chi oggi ha 13 anni non avrà mai più 13 anni e ciò che perde in questi mesi lo avrà perso per sempre. Anni in cui è prevista la massima recettività all’esplorazione del mondo, all’espansione della socialità e dello spirito di gruppo, alla conquista dell’autonomia, che invece l’emergenza Covid-19 ha visto chiudere alla frequentazione della rete affettiva e sociale, della scuola, dello sport, con la paura della malattia per sé e per i propri cari, il timore degli estranei come potenziale fonte di contagio, l’obbligo di distanziamento e mascherine.
Tutto ciò ha creato in questi giovani un profondo senso di disagio, impotenza, sopraffazione da parte di qualcosa di inaspettato, subito e sgradito. Alcuni hanno reagito a ciò chiudendosi in se stessi, accentuando la tendenza al ritiro sociale, nel loro mondo virtuale fatto di chat e video-game, altri invece, attuando un meccanismo di negazione/rimozione, hanno dato adito a un pericoloso rifiuto delle precauzioni contro la prevenzione dei contagi. In ogni caso “non è facile”, come dice Brenda.
Non è facile resistere a uno stress che dura così tanto nel tempo e trovare un punto di equilibrio e adattamento, soprattutto quando si è in un’età della vita in cui nel proprio cervello il sistema delle emozioni prevale su quello dei ragionamenti assennati. E allora non possiamo meravigliarci degli aspetti registrati dall’ultima ricerca dell’Ofsted (Office for Standards in Education, Children’s Services and Skills), condotta in 900 centri educativi del territorio inglese tra settembre e ottobre 2020, che ha messo in evidenza regressioni nelle competenze acquisite e nei comportamenti, momenti di basso tono dell’umore che possono arrivare fino alla depressione e all’autolesionismo, mentre un maxi-studio condotto presso l’Università di Bristol e pubblicato sul British Journal of Psychiatry che ha coinvolto giovani adulti ha trovato livelli di ansia raddoppiati in era Covid (quasi 1 su 4, mentre prima della pandemia 1 su 8). In Italia, i risultati resi noti a dicembre di uno studio coordinato da Susanna Esposito, professore ordinario di Pediatria all’Università di Parma e presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (WAidid) su un campione di 2.064 studenti tra gli 11 e i 19 anni ha documentato in particolare nell’80% della popolazione femminile atteggiamenti di depressione e senso di isolamento.
La lettera di Brenda sottolinea anche, in un altro passaggio, le difficoltà della vita solo virtuale, col troppo tempo passato sugli schermi: “Ci vedete incollati al telefono ma purtroppo è l’unico modo per avere un contatto con la realtà”, scrive. La pandemia ha causato nei giovani una overdose di tecnologia, obbligati a farne uso per informarsi, per studiare, per conservare la connessione con gli altri, per intrattenersi e distrarsi con social-network, video-giochi, programmi web di cinema, musica, serie tv, e-sport, cucina, canali di youtubers, ecc. Ne è conseguita una sensibile videodipendenza dei ragazzi, che è aumentata in chi già partiva da livelli elevati o si è sviluppata in chi prima non la manifestava. Molti i problemi correlati a ciò che sono segnalati: mancanza di concentrazione, perdita di memoria, difficoltà di apprendimento, scarsa qualità del sonno, abbassamento dell’autostima (da continuo confronto), disturbi psichici come iperattività, ansia, depressione, senso di alienazione e isolamento, fino alla dipendenza patologica da internet. Inoltre, l’eccessiva esposizione in rete aumenta il rischio di esposizione a fake news, malintenzionati, adescamento, stalking, cyberbullismo, cybersex. Né vanno sottovalutati i disturbi fisici da eccessivo tempo passato sullo schermo: obesità, danni alla vista, posture scorrette.
Alla giovane autrice della lettera manca molto la danza: “Mi aiutava tantissimo anzi, in poche parole mi rendeva felice”. Per gli adolescenti l’attività fisica rappresenta la migliore prevenzione e la migliore terapia per garantire una crescita e uno stato di salute ottimali sul piano fisico e psichico. La sedentarietà dei giovani, già preoccupante in era pre-pandemia per la rapida espansione della tecnologia digitale, sta ipotecando il loro futuro.
Infine, la lettera sottolinea il dramma degli adolescenti del non sentirsi capiti dagli adulti nella fragile fase di passaggio della loro età. L’ingresso di un figlio nell’adolescenza rappresenta, da sempre, un evento critico per una famiglia, che richiede capacità di adattamento ai necessari cambiamenti di ruoli ed equilibri. La famiglia è infatti il primo ambito in cui gli adolescenti sperimentano il tentativo di costruire una propria identità personale e dare vita ed espressione al proprio Sé in modo “altro” dalla loro immagine infantile. Il compito di sviluppo che tocca all’adolescente nei confronti dei genitori è quello di emancipazione e separazione da loro per il raggiungimento di una sempre più completa autonomia e indipendenza, costruendo un proprio sistema di valori, pensieri, regole e ideali. Tale processo si verifica in modo ambivalente, con continua alternanza e oscillazione tra una “presa di distanza”, spesso polemica, in ordine all’esigenza di soddisfare la propria libertà di sperimentarsi, l’esigenza di autonomia, la volontà di conquista di autonomi spazi decisionali, maggiore privacy, nuove relazioni extra-familiari di tipo amicale e affettivo senza più controllo o approvazione parentale, e una “richiesta di vicinanza”, per la necessità di rassicurarsi sull’affidabilità e persistenza dei legami familiari.
La sicurezza di poter sempre ritornare a casa, dove sarà accolto con amore incondizionato, consente al giovane di allontanarsi con maggiore serenità e affrontare le nuove esperienze sentendosi, da un punto di vista affettivo, con le “spalle coperte”: l’esperienza dell’autonomia e del distacco richiede di partire da basi sicure e solidi punti di riferimento. Il processo di “separazione-individuazione” prevede dunque un conflitto e un’unione: “il conflitto” perché l’adolescente deve scontrarsi con idee, valori, norme che sente appartenenti ai propri genitori e tra le quali deve decidere cosa tenere e cosa lasciare, “l’unione” perché ha bisogno di interiorizzare rapporti stabili di fiducia con i membri della famiglia. Compito dei genitori è favorire in modo “protetto” il processo di crescita psicologica dell’adolescente, conservando l’unità della famiglia nonostante le spinte spesso distruttive e confuse del ragazzo, senza cadere nel tranello di sentirsi minacciati, abbandonati e messi da parte e di conseguenza entrare in sterile lotta con lui opponendosi alle sue dinamiche evolutive. I genitori sono chiamati al non facile compito di creare col figlio adolescente una relazione in equilibrio armonico tra sostegno e spinta, guida e distanza, affetto e norma. La pandemia ha creato importanti cambiamenti e nuove criticità anche nel rapporto genitori-figli adolescenti: la convivenza forzata h24 ha creato la perdita di ruoli definiti, a volte avvicinamento, scoperta, unione, altre esasperazione, insofferenza, perdita dell’autonomia e della differenziazione dei figli dai genitori, addirittura violenza fisica o verbale. I genitori hanno attualmente un nuovo importante compito per i loro figli adolescenti, aiutarli a mantenere equilibrio e consapevolezza e a costruire il loro futuro pur crescendo dentro una crisi epocale che ha travolto il loro mondo.
Infine, Brenda accenna, in conclusione del suo sfogo, al valore catartico della scrittura: “Provate a scrivere, come ho fatto io, rilassa, un diario sa capirti e ascoltarti molto bene”. In effetti, un recente Report dell’Oms (2019) che ha esaminato oltre 900 studi a livello globale, conclude che impegnarsi in un’attività creativa contribuisce a migliorare la salute fisica e mentale. Pertanto, amici, fate come Brenda: mettete nero su bianco le vostre emozioni e, se vi va, comunicatecele. Potrà fare del bene a voi e a chi vi legge.