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Il disturbo fonetico-fonologico del linguaggio

Autore: a cura del dott.sa Mariarosaria d’Esposito | Pubblicato Agosto 2021 in Salute

Imparare a parlare, combinare i suoni in sillabe e poi in parole, rappresenta un’impresa a dir poco ciclopica per il bambino nei primi anni di vita.
Nasciamo ben equipaggiati e naturalmente dotati di un’innata tendenza alla relazione ed alla comunicazione. Il percorso che porta il bambino ad esprimersi mediante i diversi suoni del linguaggio, fino a riuscire a verbalizzare il proprio pensiero, inizia in epoca molto precoce.
A circa 6-8 mesi prende il via la lallazione e già ad un anno le prime parole.
Giorno dopo giorno, vocabolo dopo vocabolo il lessico si arricchisce e così la sua capacità di articolare i diversi suoni.
Le dislalie, vale a dire i piccoli difetti di pronuncia che spesso ci fanno sorridere, sono ancora da considerarsi fisiologiche fino ai 3 anni.
Quando, però, il linguaggio risulta non pienamente comprensibile ancora ai 4 o 5 anni del bambino, parliamo di un disturbo fonetico-fonologico, caratterizzato dalla presenza di “dislalie disfunzionali”.
Come viene diagnosticato?
Il linguaggio del bambino viene analizzato mediante test specifici, volti in primis ad identificare la natura di tali alterazioni ed escludere problematiche più importanti. Le dislalie rappresentano, infatti, un segnale spesso sottovalutato, che potrebbe però nascondere un deficit di natura cognitiva, relazionale o uditiva.
Il suono può essere:
sostituito (gioco>soco)
omesso (gioco >oco)
addizionato (gioco>ngioco)
desonorizzato (gioco>cioco)
interdentalizzato
distorto.
Come intervenire?
Il primo obiettivo è quello di potenziare il feedback acustico; la maggiore attenzione da parte del bambino alla propria produzione verbale è sufficiente spesso al superamento delle dislalie.
E se non bastasse?
L’intervento viene suddiviso schematicamente in tre fasi:
Impostazione della corretta posizione articolatoria
Allenamento all’uso del suono nei diversi contesti linguistici
Consolidamento dell’uso del suono corretto in eloquio spontaneo e lettura.
In ogni fase della terapia la collaborazione familiare è necessaria ed insostituibile.
Qual è l’età giusta per intervenire?
Sarebbe opportuno valutare caso per caso. Il bambino non compreso dall’adulto o dal coetaneo può chiudersi alla relazione e sviluppare comportamenti aggressivi. La presenza di dislalie in età scolare può determinare, invece, difficoltà di conversione dal suono al segno grafico e viceversa, sfociando quindi in un deficit di apprendimento della letto-scrittura.

Dott.ssa Mariarosaria d’Esposito
Logopedista
Tel. 338.31.91.494
email: bettyroz@yahoo.it