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La pet-therapy, quando l’amore per gli animali fa guarire

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Ottobre 2021 in Salute

Per “pet-therapy” si intende l’impiego degli animali come coadiuvante alla terapia di malattie umane. ”Pet” è letteralmente l’animale domestico da “accarezzare”, ma il termine si estende in genere a tutti gli animali impiegati a fini terapeutici.
E’ dall’alba dei tempi che gli esseri umani allevano gli animali per i benefici che il rapporto affettivo instaurato con loro ha sul proprio benessere psico-fisico, come documentato dai dipinti preistorici di addomesticamento degli animali, dal ritrovamento di ossa di cani in caverne, dal gran numero di bestiole citate nella mitologia in rapporto di simbiosi con gli esseri umani. Questo rapporto è diventato quanto mai indispensabile per l’uomo contemporaneo, che la modernizzazione ha reso sempre più ammalato di solitudine.
Ma la pet-therapy implica qualcosa di più: la funzione di “guaritori” degli animali nei confronti delle malattie. La disciplina fu teorizzata negli anni ‘50 da Boris Levinson, psicoterapeuta infantile che iniziò questi studi per caso: possedeva infatti un cocker, Jingles, con cui si intratteneva prima delle sedute coi bambini. Un giorno, un suo giovane paziente affetto da una grave forma di autismo che lo rendeva chiuso a ogni forma di comunicazione, arrivò alla seduta in anticipo. Jingles non appena vide il bambino gli andò incontro, lo annusò, lo osservò, gli girò intorno e il piccolo, tra lo stupore del medico e dei genitori, si lasciò annusare senza mostrare alcun segno di paura, anzi ne fu affascinato e attratto e rispose all’accoglienza dell’animale accarezzandolo. Quel giorno, al termine della seduta, il bambino espresse il desiderio di poter giocare altre volte con il cane. Fu la prima volta che comunicava verbalmente con il terapeuta. Levinson lasciò che il bimbo giocasse con Jingles nelle successive sedute terapeutiche, e gradualmente si inserì nel gioco riuscendo infine a stabilire un contatto col bambino. Dopo gli studi di Levinson, la terapia con gli animali è stata supportata da sempre più ricerche, fino all’elaborazione di principi e linee-guida che ne hanno fatto una disciplina vera e propria.
Il principale meccanismo d’azione è che, in risposta agli imput emotivo-sensoriali derivanti dalla interazione con gli animali, grazie all’insieme di corporeità, immediatezza, spontaneità, autenticità, linearità, appoggio e apprezzamento incondizionati, lealtà, empatia e devozione, mancanza di sovrastrutture, giudizio o critica, si generano nell’organismo umano delle modificazioni psichiche, ormonali, metaboliche, immunologiche che producono miglioramenti clinici. Sul piano fisico, la pet-therapy offre benefici su circolazione, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, ritmo del respiro, tensione muscolare, percezione del dolore, mentre a livello psichico serve a stimolare sviluppo psicomotorio, abilità cognitive, attenzione, concentrazione, apprendimento, pazienza, empatia, tono dell’umore, entusiasmo, motivazione, creatività, capacità emotive, affettive, sociali e relazionali, autostima, autonomia. Altri benefici riguardano la stimolazione del movimento fisico e il condizionamento positivo del microbiota intestinale, di cui vengono favorite la biodiversità e la crescita di specie probiotiche con effetti benefici sull’organismo.
Le attività di pet-therapy sono classificate in tre tipologie: le Attività Assistite con gli Animali (AAA), le Terapie Assistite con gli Animali (TAA), e l’Educazione Assistita con gli Animali (EAA). Le Attività Assistite con gli Animali sono attività libere svolte con l’ausilio degli animali, finalizzate a migliorare la qualità della vita del paziente, che viene lasciato libero di osservarli, accarezzarli, ascoltarli, sentirne l’odore, dargli del cibo, occuparsene, giocare con loro. Le Terapie Assistite con gli Animali sono interventi terapeutici effettuati con l’ausilio degli animali seguendo precisi protocolli e obiettivi. Nell’Educazione Assistita con gli Animali, gli animali vengono addestrati a insegnare o stimolare o rieducare i pazienti in determinate funzioni es. il linguaggio, l’autocontrollo, lo scambio affettivo.
Cani e gatti sono gli animali più studiati in questo ambito. Ma molto utili si sono dimostrati anche i cavalli (ippoterapia), per lo sviluppo di forza muscolare, orientamento spaziale, abilità fisiche, interazione personale, gli asini (onoterapia), i pesci in acquario, i delfini e tutti gli animali domestici.
L’impiego di programmi di pet-therapy ha dato risultati soddisfacenti in diverse tipologie di problematiche, e sono sempre di più le patologie nelle quali si studia con successo la loro applicazione.
Molto interessanti gli studi sull’autismo. Grazie all’interazione con gli animali i soggetti autistici potenziano i loro canali di comunicazione non verbale, ricevono utili stimolazioni sensoriali, sono più predisposti alla relazione con gli umani con l’intermediazione dell’animale (per i cani, in particolare, è stata studiata questa funzione di “lubrificanti sociali”, come se facessero da “ponti” sociali tra gli umani), traggono calma e riduzione di ansia sociale, aggressività , scatti emotivi, iperattività e stereotipie, migliorano attenzione, capacità sociali e comunicative, partecipazione, affettività e gestione delle emozioni. In alcune esperienze, i cani sono stati specificatamente addestrati per l’assistenza ai bambini autistici (“service dog” o “assistance dog”), svolgendo il compito di guardiani a protezione del piccolo dai pericoli esterni.
La pet-therapy è stata applicata con successo in molte altre patologie del sistema nervoso: ritardo psico-motorio, ansia, depressione, insonnia, cefalea, demenza senile, Alzheimer, Parkinson, depressione, schizofrenia, deficit di attenzione con iperattività, disturbi del linguaggio e dell’apprendimento, anoressia/bulimia, disturbo post-traumatico da stress.
Nei deficit sensoriali (es. sordità, cecità) gli animali da compagnia sono di grande ausilio per la riabilitazione. Per esempio i gatti vengono anche utilizzati nel trattamento di soggetti con patologie visive, perché consentono loro, attraverso il tatto, di avere consapevolezza delle forme e di sviluppare gli altri sensi percependone l’odore, il calore, la morbidezza e le piacevoli vibrazioni che producono quando fanno le fusa.
Importanti evidenze vengono dagli ultimi studi sullo stress. Accarezzare un pet provoca riduzione della produzione di adrenalina e cortisolo, gli ormoni dello stress, e stimola la produzione di endorfine, che aumentano la soglia del dolore e infondono sensazioni di benessere, e ossitocina, che innalza il tono dell’umore. Una ricerca della Washington State University sui ragazzi universitari, pubblicata su Aera Open, la rivista scientifica dell’American Educational Research Association, ha trovato che bastano 10 minuti di carezze e coccole a un cane o un gatto per cancellare lo stress, misurato in base ai livelli di cortisolo. La pet therapy è stata sperimentata anche contro lo stress di medici e infermieri che lavorano in Pronto Soccorso, in uno studio della Indiana University School of Medicine di Indianapolis pubblicato su Academic Emergency Medicine, che ha dimostrato che il contatto di soli 5 minuti con un cane risulta in grado di produrre un apprezzabile abbassamento dei livelli di stress, misurato sia attraverso scale di auto-valutazione che attraverso il dosaggio del cortisolo salivare.
In tutte le malattie croniche, nelle patologie oncologiche, in riabilitazione, la pet-therapy può rivelarsi utile ed efficace.
Le fusa dei gatti, emettendo microonde comprese in un campo di frequenza che varia tra 1,5 e 6 gigahertz, hanno effetti stimolanti sui tessuti umani su cui impattano, come muscoli, ossa e cute, provocando rilassamento dei muscoli, rinforzo delle ossa, accelerazione dei tempi di guarigione di una ferita, contrasto alle infiammazioni articolari. Questo è utile in una serie di malattie dell’apparato osto-articolare e della cute.
Gli animali domestici sono anche un formidabile toccasana per il cuore. Uno studio giapponese uscito sull’American Journal of Cardiology ha trovato una migliore performance cardiaca nelle persone che possiedono un animale domestico rispetto a chi non ne ha. Uno studio della Mayo Clinic di Rochester (USA) su oltre 1.700 adulti della Repubblica Ceca osservati nel tempo e uscito su Mayo Clinic Proceedings ha rilevato che il possesso di un cane era associato a una salute cardiovascolare significativamente migliore, livelli più elevati di colesterolo HDL (buono) e una minore prevalenza di diabete. Anche uno studio osservazionale svedese, pubblicato su Scientific Reports, su oltre 3,4 milioni di cittadini adulti seguiti per 12 anni, rileva che la mortalità cardiovascolare e il rischio di infarto si riducono significativamente in chi vive con un cane, e la differenza risulta più marcata per le persone che vivono da sole. Un altro studio, uscito su Journal of Epidemiology & Community Health, giustifica la migliore salute dei proprietari di cani con l’aumento di attività fisica complessivamente del 20% in più (compresi i giorni con cattive condizioni atmosferiche) e di 30 minuti in più al giorno. Anche convivere con un gatto allunga la vita, come dimostra uno studio pubblicato su Journal of Vascular and Interventional Neurology 2009 a cura del Minnesota’s Stroke Institute dell’Università del Minnesota in Minneapolis, che ha monitorizzato per 10 anni un campione di circa 4500 adulti, riscontrando che chi ha un gatto ha una riduzione del rischio di infarto e di ictus del 30-40%. Questo perché accarezzare un gatto e ascoltarne le fusa, attraverso un effetto rilassante ed euforizzante mediato dall’aumento della produzione di ossitocina, l’ormone della felicità, fa abbassare la pressione sanguigna, ridurre la frequenza cardiaca, regolarizzarne il ritmo.
Gli animali domestici agiscono anche contro lo sviluppo di allergie e obesità nei bambini, come dimostrato da uno studio su Microbiome therapy, grazie alla presenza di due tipi di batteri protettivi nell’intestino, Ruminococcus e Oscillospira. Un limite al contatto precoce dei bambini con animali in casa era il sospetto che potesse esporli al rischio di asma allergico, se predisposti. Al contrario, una ricerca dell’Università di Copenaghen apparsa nel 2017 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology rivela che avere un gatto in casa sin dalla nascita protegge i bambini dall’asma (addirittura, maggiore è la quantità di allergene del gatto in prossimità del lettino nel primo anno di vita, minore il rischio,) come pure dal rischio di bronchiolite e polmonite. Lo stesso, anche se in misura minore, un cane.
Gli anziani con BPCO, malattia cronica invalidante delle vie respiratorie, traggono notevoli benefici dalla presenza di un’animale da compagnia, secondo un’ampia indagine condotta da Doxapharma nel 2019, sia sulla salute fisica che mentale, grazie all’arricchimento della vita emotiva e al contrasto a sedentarietà e isolamento.
La pet-therapy è stata anche sperimentata con successo nella cura delle tossicodipendenze e del bullismo, negli ospedali per accelerare i tempi di guarigione, nei centri di lungo-degenza, nelle carceri.
Ci sono poi due fasce di età in cui la cura degli animali è valida per tutti, al di là di specifiche condizioni morbose: bambini e anziani. I bambini grazie a movimento, gioco, emozioni, comunicazione non verbale, contatto fisico, dal rapporto con gli animali traggono stimoli utili allo sviluppo cognitivo e sensoriale, oltre al fatto che gli animali permettono loro di comprendere naturalmente gli eventi fondamentali della vita (nascita, crescita, malattia, morte), di sperimentare sentimenti quali solidarietà, protezione, tolleranza, fiducia, pietà, responsabilità, amore, separazione, di superare momenti di crisi attraverso processi di identificazione, imitazione, proiezione. Negli anziani, una recente indagine condotta da Senior Italia FederAnziani ha rilevato che 9 Italiani su 10 tra gli over 65 che possiedono un animale da compagnia ne ricevono un impatto positivo su movimento, salute fisica, umore, serenità e riduzione del senso di solitudine.