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Sinistri stradali: risarcimento da “perdita di chance” anche per il disoccupato

Autore: FONTE avvocatoandreani.it a cura di Ferraiuolo Giuseppe | Pubblicato Dicembre 2017 in Scelti per te

IL CASO: La vicenda esaminata dai Giudici di legittimità trae origine dalla richiesta di risarcimento danni formulata da un soggetto per i danni da questo subiti a seguito di un incidente stradale quale terzo trasportato. In primo grado la domanda veniva accolta e veniva riconosciuta all’attore la somma di euro 78.412,81 con la decurtazione degli importi già corrisposti. In sede di gravame proposto dall’attore, la Corte di Appello accolse parzialmente l’appello riconoscendo la somma di euro 165.013,11 con la decurtazione degli importi già corrisposti disponendo, quindi, la condanna al pagamento di euro 32.258,59 oltre accessori. La Corte territoriale statuiva la non debenza del danno patrimoniale, non avendo il danneggiato fornito la prova dello svolgimento di un’attività lavorativa produttiva di reddito e non essendo neanche ravvisabili le condizioni per il riconoscimento di un danno di perdita di chance. La sentenza di secondo grado veniva impugnata in Cassazione dal danneggiato, il quale deduceva fra l’altro, “la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2043, 2056 e 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Secondo il ricorrente, una volta riconosciuta la percentuale di invalidità permanente nella misura del 25%, la Corte di Appello avrebbe dovuto procedere all’accertamento presuntivo del danno patrimoniale, anche a titolo di chances perdute, e che la circostanza che il soggetto danneggiato non svolgesse alcuna attività lavorativa non autorizzava l’esclusione di un danno futuro, dovendo il giudice al riguardo svolgere una complessa valutazione di tipo prognostico. Inoltre, secondo il ricorrente, il giudice di appello avrebbe omesso di esaminare la circostanza accertata dal CTU dell’impedimento ad intraprendere l’attività di geometra a causa delle gravissime lesioni e nulla ha osservato in ordine all’incapacità lavorativa specifica pur accertata dal CTU.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione, con la suddetta ordinanza, ha accolto il ricorso evidenziando che avendo la Corte di Appello escluso la ricorrenza del danno patrimoniale sulla base della mancata dimostrazione dello svolgimento di un’attività lavorativa ed il danno da perdita di chance, ha violato i principi di diritto enunciati dalla stessa Corte di legittimità.

Infatti, secondo gli Ermellini:

In tema di danni alla persona, l’invalidità di gravità tale (nella specie, del 25 per cento) da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell’aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 cod. civ (Corte di Cassazione, 12 giugno 2015, n. 12211);
Nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi (Corte di Cassazione, 23 agosto 2011, n. 17514; Corte di Cassazione, 7 novembre 2005, n. 21497);
La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio (Corte di Cassazione, 14 novembre 2013, n. 25634).
La Corte di Appello nell’escludere in partenza il danno patrimoniale sulla scorta del fatto che mancava la prova dello svolgimento dell’attività lavorativa, non ha adeguatamente compiuto l’accertamento presuntivo in ordine alla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, imposto dall’entità dei postumi, anche in termini di perdita di chance.

FONTE avvocatoandreani.it