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Ma i Social fanno male alla salute?!

Autore: dott.Carlo Alfaro | Pubblicato Agosto 2018 in Salute

In uno con lo sviluppo imperante della tecnologia, i social media sono diventati parte integrante del no­stro modo di vivere, trasformando il web da archivio digitale e deposito di informazioni e notizie a cataliz­zatore di relazioni, ambiente comunicativo integrato, piazza comune dove socializzare e condividere qualsi­asi cosa in modo semplice e immediato. L’utilizzo dei social è in continua crescita e si allarga ad ogni fascia di età. Dall’indagine “Tempo del web. Adolescenti e genitori online”, realizzata nel 2016 da Sos Il Telefo­no Azzurro Onlus su 600 ragazzi dai 12 ai 18 anni e 600 genitori dai 25 ai 64 anni, emerge che il 25% dei ragazzi è perennemente connesso, il 21% è afflitto da vamping, cioè si sveglia durante la notte per controlla­re i messaggi arrivati sul proprio cellulare, l’80% chatta su WhatsApp. Inoltre, il 48% dichiara di essersi iscritto a Facebook prima dei 13 anni, mentre il 71% ha ricevuto lo smartphone a 11 anni. Secondo i dati dell’Osser­vatorio nazionale adolescenza del 2017, tre bambini su dieci di età compresa tra i 18 e i 24 mesi sono già capaci di utilizzare il touch di uno smartphone, il 98 per cento dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale, mentre l’età media di apertura del primo profilo social è scesa ai 9 anni.
Questa generazione ha fatto esperienza dei new-media sin dall’infanzia e quindi li considera par­te integrante del proprio sistema di comunicazione. L’uso precoce di internet ha influenzato i loro circuiti neuronali, modificando il loro tipo di apprendimento, il modo di leggere, pensare, ricordare, organizzare le informazioni o elaborare i concetti, e la modalità di relazionarsi con gli altri: questa nuova generazione apprende in maniera molto più rapida rispetto alle precedenti, ma fa più fatica a fermarsi e approfondire, e manifesta una tendenza sempre maggiore alla vita virtuale a discapito della reale.
La vita stessa dei ragazzi di oggi è complessa, piena di stress, delusioni, tensioni e frustrazioni: in una società malata e fagocitante come la nostra, emerge un sen­so di incertezza, di smarrimento, cui il mondo virtuale, proponendo copie del reale indolori e comode, sembra offrire una rapida scorciatoia. Piuttosto che affrontare il contatto diretto col mondo esterno che li mette a nudo, i ragazzi preferiscono costruirsi un alter ego virtuale, an­nullando il proprio corpo e cercando relazioni compen­sative, nei videogiochi o sui social network.
Partiti da Facebook, gli adolescenti oggi utilizzano intensivamente Whatsapp, utilizzato a tutti gli effetti come un potente social, e i più pericolosi Instagram (ve­trina di foto ad alto tasso di esibizionismo), ASK (che la possibilità di comunicare sotto anonimato ha reso teatro di numerosi casi di cyberbullismo), Snapchat. Vediamo schematicamente quali possono essere i principali rischi dei social per i giovani (e non solo).
1) Effetti negativi sulla sfera cognitiva e affettiva: l’a­buso di social può creare, visto il continuo confronto con gli altri, distorsioni nei processi di costruzione dell’iden­tità e dell’immagine personale, senso di inadeguatezza, ansia, stress, infelicità e depressione. Un curioso studio pubblicato quest’anno dai ricercatori dell’Università del Queensland (Australia) su Journal of Social Psychology ha trovato, su 138 partecipanti (18-40 anni), utilizzatori abituali di Facebook, che facendo sospendere per cinque giorni l’uso dei social si registra un calo dei livelli di cor­tisolo, ormone associato allo stress. Degli effetti negativi dei social sulla personalità ha parlato Lamberto Maffei, della Scuola Normale di Pisa, uno dei massimi esperti di Neuroscienze a livello internazionale, nella sua relazio­ne “Ambiente e cervello” nell’Adunanza generale solen­ne di quest’anno all’Accademia dei Lincei, affermando che l’abuso di social può annullare la coscienza critica, fino a diventare una sorta di “protesi del pensiero”. Nei confronti di smartphone e ai tablet, principali veicoli dei social, il cervello può finire per stabilire, secondo Maffei, una sorta di simbiosi, per cui perdere questi strumenti diventa come perdere uno strumento per pensare. Sol­tanto la scuola, secondo l’esperto, può correre ai ripari: “l’unica contromisura è ripartire dai giovanissimi, edu­candoli ai valori della lettura, del pensiero e della scien­za”.
2) Isolamento sociale. La permanenza eccessiva di giovani e giovanissimi davanti a pc, smartphone e con­solle digitali, che, avverte l’Accademia americana di Pe­diatria, arriva in media a circa sette ore al giorno, a dispet­to delle due-tre ore giornaliere consigliate, può portare fino al ritiro sociale, se diventa un pericoloso surrogato della realtà quotidiana che li proietta in un sistema socia­le alternativo, una vita parallela alla realtà quotidiana, un mondo irreale e protetto dal confronto diretto, un rifugio narcisistico e autoreferenziale, un sostituto inautentico della relazione fisica.
3) Dipendenza patologica: “Internet Addiction Disor­der” è un disturbo simile a quello causato dalla dipen­denza da alcol, fumo e gioco d’azzardo, caratterizzato da un uso ossessivo del web e relativi disagi nell’ambito relazionale, scolastico-lavorativo e familiare, con sintomi quali disturbi dell’umore, dell’appetito e del sonno, stan­chezza cronica, ansia e depressione, cancellazione dei rapporti reali, anaffettività, paura della realtà, fino ai disa­gi fisici da astinenza. La dipendenza creata dall’ipercon­nessione ha dato forma a nuove entità psicopatologiche di recente tipizzate, che vanno dalla “social network ad­diction”, con ossessione di aggiornamento e controllo del proprio profilo, alla “friendship addiction”, la spasmo­dica ricerca di nuove amicizie virtuali, alla dipendenza da videogioco, al “vamping” ossia il trascorrere numerose ore notturne sui social media, alla sindrome “FOMO” (Fear Of Missing Out), ossia la paura di essere esclusi, che porta a monitorare costantemente le proprie bacheche, alla “nomofobia” o “cellularomania”, che indica la fobia di restare senza connessione col proprio smartphone: fino al 53% di chi utilizza lo smartphone manifesterebbe stati d’ansia quando rimane a corto di batteria, di credito o senza copertura di rete, per la paura di non esser rag­giungibile.
4) Perdita della privacy: lo spirito e il desiderio di co­municare, conoscersi e confrontarsi, proprio degli adole­scenti, il senso di protezione fornito dalla mancanza di contatto diretto, il narcisismo, hanno spesso il soprav­vento sulla razionale esigenza della privacy (tanto più che i giovanissimi tendono a fare scarso uso dei filtri di protezione) e si cade nella trappola di diffondere in rete informazioni e foto personali senza nessuna preven­zione, esponendosi al voyuerismo collettivo dei social, spesso non privo di rischi. Inoltre, la pubblicazione di fo­tografie, video e contenuti sulle piattaforme ne estingue i diritti inerenti al copyright. Un’applicazione di Snapchat, “Snap Map”, aggiorna e condivide automaticamente ad­dirittura la posizione geografica dell’utente (visualizzan­dola su una mappa) non appena si apre l’applicazione (e per le otto ore successive all’apertura), consentendo ai contatti di vedere dove si trovano e dove vivono gli amici, ogni volta che entrano in chat. Chi viene a conoscenza di dati personali degli utenti può farne uso per marketing, manipolazioni e persuasione occulta, molestie sessuali, adescamento, ricatto, violenza, persecuzione, stalking, cyberbullismo. Molto rischiosa la pratica del “sexting”, cioè lo scambio di immagini/ video personali a contenu­to sessuale: predatori e pirati della rete potrebbero con­servare, nei loro archivi informatici, dati, video e immagini intime per poi diffonderli in rete.
5) Visualizzazione di materiale potenzialmente trau­matico, come navigare in siti pornografici o pedoporno­grafici, giocare a videogiochi violenti o non adatti alla loro età, imbattersi in siti che inneggiano all’autolesionismo, all’anoressia, alla violenza o al crimine.
6) Associazione con comportamenti a rischio nel­la vita reale: secondo numerosi studi, esisterebbe una relazione tra la tendenza degli adolescenti a utilizza­re il cellulare e i social network in maniera eccessiva (“hyper-networking”) e le cattive abitudini per la propria salute nella vita reale quali il fumo, il consumo di alcol e di sostanze, l’attività sessuale non controllata, l’esecu­zione di diete alimentari incongrue per grave insoddisfa­zione verso il proprio aspetto fisico.
7) Diffusione incontrollata di fake news (“bufale”), che possono innescare comportamenti sbagliati nell’accesso alle cure, nell’uso di farmaci o nell’adozione di particolari diete. Secondo la Ricerca Censis Assosalute 2017, sono 15 milioni gli Italiani, circa uno su tre, che cercano sul web informazioni sulla loro salute, e lo fa il 36,9% dei mil­lennials. Ma sono anche 8,8 milioni gli Italiani che sono stati vittime di false notizie nel corso dell’anno, benchè il 44,6% dei giovani internauti ritenga che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giorna­listi, che a causa del web hanno perso potere.
8) Disturbi fisici: sul piano fisico, vanno segnalati i rischi di obesità, disturbi del sonno, danni alla vista e posture scorrette. Il rischio di “obesità da schermo” è stato denunciato dagli esperti dell’European Academy of Pediatrics e dell’European Childhood Obesity Group, che hanno pubblicato un documento condiviso su Acta Paediatrica, segnalando che, secondo l’ultimo studio del 2017 condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sani­tà, circa un bambino su cinque, in Europa, è sovrappeso o obeso, e sottolineando che vi sono prove di un forte legame tra i livelli di obesità nei Paesi europei e l’espo­sizione a tv, computer, tablet e cellulare nell’infanzia. Altrettanto pericolosi gli effetti nocivi sul sonno, con la possibilità dell’inversione del ritmo, cioè stare svegli tutta la notte sul web e dormire di giorno. Riguardo alla vista, è stato trovato che l’esposizione notturna alla luce blu, emessa ad alti livelli da dispositivi elettronici come smartphone, tablet, computer portatili, TV a schermo piatto e altri schermi a LED, è nociva per la vista, avendo una lunghezza d’onda corta e una maggiore frequenza ed energia, che può provocare, oltre che mal di testa e disturbi del sonno, rossore, secchezza, affaticamento agli occhi, fino a danni alla retina (degenerazione maculare e cecità). Inoltre, la luce blu sopprime la produzione della melatonina, portando a uno squilibrio dei naturali ritmi circadiani del corpo. Tra i problemi ortopedici, è emersa di recente una nuova sindrome, la postura del “text neck”, un insieme di sintomi dolorosi e fastidi al collo e alla schiena provocati dal guardare il display del tablet o del­lo smartphone dall’alto in basso, continuamente e per un lungo periodo di tempo, mantenendo posizioni scorrette e nocive alla colonna vertebrale fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’inversione delle curve fisiologiche. Secondo gli esperti, i bambini che oggi hanno 8 anni e che sono già utenti assidui di dispositivi elettronici probabilmente avranno necessità di essere sottoposti ad un intervento chirurgico sulla colonna già a 28 anni.
9) Problemi dei figli se il genitore abusa di social: uno studio statunitense pubblicato sulla rivista Children Development nel 2017 ha trovato che i genitori mol­to assorbiti dai dispositivi tecnologici, che controllano continuamente i loro cellulari per scrivere testi, inviare/ ricevere mail e guardare video, hanno maggiori probabi­lità di avere figli con problemi comportamentali. Inoltre, è stato individuato un legame tra abuso di cellulare in gravidanza e iperattività dei bimbi: uno studio spagnolo pubblicato nel 2017 su Environment International, che ha esaminato oltre 80 mila coppie di madri e figli di età dai 5 ai 7 anni in Danimarca, Spagna, Norvegia, Paesi Bassi e Corea, ha riscontrato che i bimbi nati da mamme “cellu­lare dipendente” nel periodo gestazionale avevano oltre il 28% in più di possibilità di avere bimbi iperattivi.
Ovviamente, i social non sono solo da demonizzare. Possono anzi presentare valori positivi per i ragazzi: sup­porto nella costruzione della propria identità; opportu­nità di accrescimento delle conoscenze e competenze; amplificazione delle possibilità di informazione, scam­bio, partecipazione, confronto; estensione della griglia abituale di amicizie; facilitatori della comunicazione e relazione; incontro con ragazzi che condividono stesse passioni e interessi; occasione di inclusione che annulla le differenze sociali; metodo di sperimentazione di ge­stione di relazioni ed emozioni; training a gestire la pro­pria immagine pubblica; promozione dei propri talenti. Perché l’uso dei social non diventi patologico, è fonda­mentale il ruolo dei genitori, che si sappiano porre come una risorsa costitutiva essenziale per le identità reali e materiali dei figli, in contrapposizione al mondo virtua­le, oltre a metterli in guardia dalle insidie del virtuale ed esercitare un’opera di vigilanza, come d’altra parte con la tv, i libri, e anche le amicizie reali.