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I (tanti) segreti del microbiota intestinale

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Ottobre 2019 in Salute

Per “microbiota” si intende l’insieme dei microorganismi che in condizioni fisiologiche colonizzano i diversi distretti del corpo umano: per la maggior parte batteri, ma anche virus (specialmente batteriofagi, ossia virus degli stessi batteri), funghi, protozoi. Il rapporto tra il microbiota e l’ospite è per la maggior parte “commensale” (uno dei due ottiene dei benefici senza influenzare l’altro), mentre per alcune specie è “mutualistico”: cooperazione tra differenti tipologie di organismi che apporta un vantaggio a ognuna di esse, in quanto entrambe traggono beneficio dalla loro interazione. Sono circa cento trilioni i microrganismi che vivono in simbiosi nel corpo umano, distribuiti su ogni superficie esposta all’ambiente esterno: cute, vie respiratorie, apparato urogenitale e apparato digerente. Quest’ultimo è il distretto maggiormente colonizzato, accogliendo più del 70% del totale dei microbi.
Il microbiota del canale digerente, prevalentemente concentrato nel colon è una biomassa di cellule batteriche il cui numero è perlomeno simile a quello delle cellule eucariote dell’organismo umano. Il corpo umano rappresenta pertanto un “superorganismo” (olobionte), costituito dalle proprie cellule e da quelle del microbiota. Si è detto giustamente che ci sono più batteri nell’intestino di un uomo che uomini sull’intero Pianeta.
Il termine “homo bacteriens”, coniato da Henderson e Wilson, rende bene il concetto di simbiosi uomo-batteri. Alla nascita, il neonato è sterile e viene colonizzato immediatamente, a partire dal parto, dai microorganismi con cui viene in contatto, provenienti dal tratto riproduttivo e fecale della madre e dalla sua cute e bocca; successivamente, i batteri provengono dall’allattamento, dall’ambiente, dai cibi. Nelle prime fasi di sviluppo, il microbiota è poco vario, ma durante il primo anno di vita la diversità aumenta sempre di più e la composizione del microbiota matura in maniera significativa. Questo processo prosegue così velocemente che già dopo i due anni il microbiota infantile assume caratteristiche simili a un adulto. Le comunità batteriche restano poi stabili dal terzo anno di vita alla senescenza, a meno di eventi che rompano l’equilibrio.
Il microbiota di ciascun distretto corporeo è composto da specie diverse, che si sono adattate a quello specifico ambiente. Anche all’interno dell’intestino, la composizione microbica varia nei diversi siti e nello spessore del lume intestinale, tra le specie attaccate e intrappolate nel muco e quelle presenti nelle immediate vicinanze dell’epitelio. Il microbiota intestinale deve essere considerato un vero e proprio organo, di circa 1,500 Kg nell’adulto, con capacità metabolica e plasticità funzionale, e, in quanto organo, ha una sua fisiologia e patologia che si riflettono sulla fisiologia e patologia dell’organismo. L’insieme del patrimonio genetico del microbiota dell’uomo viene chiamato “microbioma”. Il microbiota intestinale complessivamente conta un patrimonio genetico di più di 3.3 milioni di geni (ma recenti ricerche suggeriscono oltre 10 milioni), mentre il corredo genetico umano è di circa 33.000 geni: dunque il microbioma conta almeno 150-200 volte il numero di geni del genoma umano. Praticamente, ogni 100 geni del corpo, 99 sono microbiotici e 1 è umano! E’ proprio il microbioma inoltre a rendere speciale e unico ciascun individuo, più dei suoi geni umani: infatti, due individui condividono il 99.9% del genoma umano, ma solo il 10-20% di quello microbico. La composizione peculiare e unica del microbiota di ciascun individuo dipende da fattori genetici, età, sesso, etnia, ambiente, stile di vita e dieta.
Nell’uomo occidentale, l’urbanizzazione e l’allontanamento da terreni agricoli e bestiame (fornitori di una maggiore varietà di microrganismi), e l’abuso degli antibiotici, hanno portato all’estinzione di numerose specie batteriche. Nonostante l’elevata variabilità interindividuale, si ipotizza che vi sia un “nucleo” comune a tutta l’umanità di specie batteriche (core microbiota) e dei relativi geni (core microbioma), conservato gelosamente durante secoli perché garantire un set di attività imprenscindibili (“stabilità di funzione”).
Il genoma microbiotico del neonato è tutto di origine materna (trasmissione verticale). In parte potrebbe essere trasmesso già nella vita fetale. Durante la gravidanza, il microbiota intestinale materno viene “fotocopiato” a livello vaginale e mammario proprio per essere trasferito al neonato durante parto e allattamento. Questo per l’importanza che ha il microbiota per “educare” il neonato alla vita. Il microbiota, in cambio della sopravvivenza dovuta all’organismo umano che gli fornisce ambiente e nutrimento dagli alimenti e dalle cellule epiteliali, svolge insostituibili funzioni:
1) protezione contro la colonizzazione e la traslocazione dei microrganismi potenzialmente patogeni verso il circolo ematico, attraverso: effetto barriera, inibizione competitiva per riduzione della disponibilità dei nutrienti, occupazione e “spiazzamento” dei patogeni dai siti recettoriali sull’epitelio, produzione di sostanze nocive per un’altra specie batterica (amensalismo) e contemporanea stimolazione dell’ospite a fare lo stesso;
2) azione nutrizionale e metabolica, attraverso: protezione dell’epitelio, stimolazione di rinnovamento cellulare e cicatrizzazione delle ferite, sintesi di vitamine (vitamina B12, folato, vitamina K, riboflavina, biotina, acido nicotinico, acido pantotenico, piridossina, tiamina), assorbimento di ioni (Mg++, Ca++, Fe++), produzione di composti a funzione trofica per l’enterocita (acidi grassi a catena corta, SCFA, come il butirrato, aminoacidi, poliamine, fattori di crescita), attività digestiva (l’80% dei batteri intestinali, come Lactobacillus e Bifidobacteria, opera la fermentazione delle proteine, dei residui carboidraticioligo- e polisaccaridici non digeribili degli alimenti, del muco, delle fibre alimentari, con produzione di acidi grassi a catena corta, H2 e CO2, ammoniaca, amine, fenoli ed energia, il 20%, come Escherichia, Bacteroides, Eubacteria, Clostridium, provoca la putrefazione dei resti alimentari);
3) azione detossificante, attraverso la sintesi di enzimi per la trasformazione e la neutralizzazione degli xenobiotici (farmaci, in particolare antibiotici; contaminanti naturali e ambientali; sostanze usate nelle pratiche agricole e zootecniche);
4) stimolazione, maturazione e modulazione del sistema immune (in particolare in età infantile, nei primi 5-7 anni di vita) in quanto la massa batterica comporta un efficace e fisiologico carico antigenico, determinante nell’attivare meccanismi regolatori che garantiscono un profilo immunitario ottimale;
5) infine, regolazione del comportamento e della funzione cerebrale, attraverso una comunicazione bidirezionale tra microbiota intestinale e cervello.
La funzione regolatoria dell’intestino sull’organismo intero (legata al microbiota) rende ragione del fatto che il 70% delle cellule immunitarie e più di 100 milioni di neuroni collegati al cervello vivono nell’intestino. Lo studio e la conoscenza dell’universo microbico intestinale si è avvalso degli enormi progressi realizzati recentemente dall’impiego di tecnologie molecolari, coltura-indipendenti, dato che solo il 20-30% delle specie microbiotiche è coltivabile in laboratorio. Attualmente si ritiene che nel nostro intestino vivano oltre 2.000 specie di batteri. Il 70% di tutti i batteri dell’intero corpo umano risiedono nel colon. Il piccolo intestino è popolato principalmente da batteri Gram+ e aerobi, mentre nell’intestino crasso si ritrovano prevalentemente Gram- e anaerobi. Sono quattro i principali phyla che compongono il microbiota intestinale umano: Firmicutes (Lactobacillus, Clostridium, Enterococcus), Bacteroides, Proteobacteria (Enterobacteriaceae, Escherichia coli) e Actinobacteria (Bifidobatteri).
Firmicutes e Bacteroides e rappresentano circa il 90% della flora totale (rispettivamente 65% e 25%). Di tutte le specie, alcune sono puri commensali, es. Acinetobactercalcoaceticus, Enterococcusfaecalis, Staphylococcusfaecium, Streptococcussalivariusthermophilus; altre sono utilissime (probiotici), come i Lactobacilli, che devono il loro nome alla peculiarità di convertire gli zuccheri come il lattosio in acido lattico attraverso il processo di fermentazione lattica, abbassando il pH ambientale a 5, che inibisce la crescita di microrganismi patogeni, il Bacteroidesthetaiotaomicron, iBifidobatteri, specie dominante nel neonato; altre infine sono innocue in equilibrio di eubiosi, ma prese singolarmente possono diventare nocive in talune circostanze (patogenici), come Clostridium difficile, Bacteroidesfragilis, Enterococcusfaecium, Fusobacterium, Peptococcus, Peptostreptococcus, Ruminococcus e il micete Candida albicans.
I fattori che influenzano il microbiota intestinale di ciascun individuo variano a seconda dell’età.
Nelle prime epoche della vita la composizione quali-quantitativa del microbiota è sensibilmente condizionata da: caratteristiche biologiche della madre; età gestazionale; antibioticoterapia in epoca perinatale; modalità del parto (vaginale o cesareo: la stabilizzazione cioè la presenza di 100 miliardi di batteri per grammo di feci del microbiota dei neonati nati naturalmente avviene dopo appena un mese, con prevalenza di Bacteroidetes, Bifidobatteri, Lactobacilli, mentre nel caso di taglio cesareo il microbiota non si stabilizza per almeno 6 mesi e viene composto prevalentemente da Enterobacteriaceae ed Enterococci, con ridotta diversità batterica, aumento di germi potenzialmente patogeni quali Clostridium difficile ed Escherichia coli, ridotta concentrazione di batteri benefici quali Batteroidi, Bifidobatteri e Lattobacilli, il che si traduce, secondo i dati epidemiologici, in un maggior rischio in caso di cesareo di asma e allergie, malattie autoimmunitarie quali diabete di tipo 1, malattia di Crohn, celiachia, malattie metaboliche quali obesità e diabete di tipo 2); sede del parto (nosocomiale o domiciliare); contatto pelle-a-pelle tra madre e neonato nei primi istanti di vita; tipo di alimentazione (allattamento materno, artificiale o misto: negli allattati al seno è stata individuata maggiore quantità di Bifidobatteri, mentre i lattanti alimentati artificialmente sono più frequentemente colonizzati da E. coli, Clostridium difficile, Bacteroidesfragilis); composizione e timing dello svezzamento.
Successivamente, intervengono stili di vita, dieta (gli studi documentano che una dieta di alta qualità, ricca di frutta, verdure, cereali integrali, fibra, come quella mediterranea, produce un microbiota intestinale più diversificato e con maggiore abbondanza di Prevotella, con proprietà antinfiammatorie, mentre chi consuma in abbondanza zuccheri semplici, grassi, carne registra una diminuzione dei Bacteroidetes quali Bifidobatteri e Lattobacilli e un aumento di Proteobatteri, un profilo che può essere associato a effetti pro-infiammatori, o di Fusobatterio, collegato al cancro del colon-retto), inquinamento atmosferico, contatto con animali, fumo, farmaci (antibiotici, inibitori di pompa protonica, cortisonici e contraccettivi orali), alcol, stress, infezioni intestinali, intolleranze/allergie alimentari, interventi chirurgici.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature 2018, condotto presso il WeizmannInstitute of Science, la genetica dell’ospite inciderebbe solo per il 2% nel determinare la composizione del microbiota, mentre dieta e stile di vita sono di gran lunga i fattori determinanti. Oggi la letteratura scientifica internazionale è concorde nel considerare il microbiota intestinale come centrale del benessere per l’organismo, capace di condizionare stato di salute, peso corporeo, parametri metabolici, personalità, insorgenza di malattie intestinali ed extra-intestinali. Benché non sia ancora noto il range di normalità del microbiota umano, è chiaro che alterazioni quali-quantitative (disbiosi) siano associate a un ampio spettro di patologie che vanno dalle malattie infiammatorie croniche dell’intestino alla sindrome del colon irritabile, fino a patologie metaboliche, allergiche, cardiovascolari, oncologiche, neurologiche e disturbi psichiatrici.Questo perché nutrizione, sistema immunitario e microbiota intestinale, strettamente interconnessi durante le prime epoche di vita, soprattutto nei “primi 1000 giorni di vita”, preziosa finestra temporale che va dal concepimento al secondo anno, possono creare, se disfunzionali, uno stato di infiammazione cronica asintomatica, che è alla base delle malattie non trasmissibili dell’adulto.
La disbiosi comporta infatti alterata permeabilità intestinale, produzione di citochine proinfiammatorie, infiammazione locale e sistemica (la cosiddetta “infezione metabolica”). Le ricerche accumulano dati sorprendenti. Addirittura, la flora intestinale condizionerebbe la durata della vita: secondo uno studio guidato da ricercatori dell’Alma Mater dell’Università di Bologna con il contributo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), pubblicato sulla rivista CurrentBiology, chi campa cent’anni conserva un microbiota che “non invecchia”, con persistenza di microorganismi “buoni”, con azione antinfiammatoria, immunomodulante e protettivi dell’epitelio intestinale, come nei giovani. Un’altra ricerca, sui topi, condotta presso la Washington University School of Medicine in St. Louis e pubblicata sulla rivista Science ha rivelato che il tipo di microbiota influenza la crescita corporea. Studi molto interessanti riguardano il ruolo del microbiota intestinale nella genesi dell’obesità: chi è obeso ha un profilo microbiotico differente da chi è normopeso.
Uno studio pubblicato on line a luglio 2019 su Nature Medicine, ha trovato che, in animali da esperimento, aumentare i livelli di Akkermansiamuciniphila, una specie di batteri intestinali meno abbondante nell’intestino di individui in sovrappeso o obesi e anche con diabete di tipo 2 e malattie infiammatorie dell’intestino, ha ridotto il peso, mentre sull’uomo ha prodotto miglioramento del profilo metabolico (maggiore sensibilità e livelli ridotti di insulina, livelli adeguati di colesterolo nel sangue).
Per quanto concerne l’asma, numerose ricerche documentano che crescere in un ambiente rurale può arrivare a dimezzare il rischio di sviluppare asma e allergie nei bambini, grazie allo sviluppo di un microbiota specifico favorevole. La composizione del microbiota della polvere casalinga sembra essere un predittore riproducibile e definibile del rischio di asma. Uno studio del National Institute of Health and Welfare finlandese, pubblicato su Nature Medicine 2019, ha trovato che anche nei bambini che vivono in appartamenti in città, la presenza in casa di un microbioma dalla composizione simile a quello delle fattorie, nel caso si viva in una casa ‘vecchia’, si abbiano molti fratelli, si continuino ad indossare anche in casa le scarpe con le quali si esce, può produrre un effetto protettivo sul rischio di sviluppare asma e allergie.
Per le allergie alimentari, una ricerca del Brigham e Women’s Hospital e Boston Children’s Hospital, USA, a cura del Massachusetts Host-Microbiome Center pubblicata sulla rivista Nature Medicine a giugno 2019, è riuscita a individuare nell’intestino dei bambini con allergie alimentari alcuni specifici tipi di batteri che possono favorire le allergie, e viceversa hanno identificato i microbi che hanno un ruolo protettivo (delle specie Clostridiales e Bacteroidetes).
Negli ultimi tempi è emersa anche l’importanza dell’interazione bidirezionale tra microbiota e cervello. La biomassa batterica intestinale produce molecole neuroattive quali serotonina, melatonina, GABA (acido gamma -amino butirrico), adrenalina, noradrenalina, dopamina, acetilcolina, che influenzano la funzione cerebrale e il comportamento. Alterate interazioni nell’ambito dell’asse microbiota-intestino-cervello sono state recentemente imputate quale possibile meccanismo nella fisiopatologia dei disturbi dell’umore e affettività, dello spettro autistico e delle performance cognitive. Uno studio pubblicato su Nature Microbiology 2019 ha profilato la possibilità di stilare un catalogo dei batteri intestinali umani che hanno potenziale neuroattivo. I ricercatori della UNC School of Medicine (University of North Carolina Health Care) hanno anche evidenziato, in uno studio pubblicato sulla rivista Psychosomatic Medicine, un’associazione tra composizione del microbiota intestinale e i disturbi alimentari come l’anoressia nervosa. Persino la Fibromialgia ultimamente si è unita alla lista di malattie influenzate dal microbiota: ricercatori canadesi hanno trovato nelle donne affette differenze significative in 19 specie di batteri intestinali rispetto ai controlli.
Ma anche la salute cardiovascolare può essere influenzata dal microbiota: una recente ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha trovato che le placche coronariche degli infartuati contengono batteri pro-infiammatori appartenenti alle specie dei Proteobacteria e degli Actinobacteria e il loro microbioma intestinale ha una composizione diversa da quella dei soggetti con angina stabile con una prevalenza di Firmicutes, Fusobacteria e Actinobacteria mentre nel caso di angina stabile prevalgono Bacteroides e Proteobacteria. E le sorprese che il misterioso mondo del microbiota può riservarci hanno tutta l’aria di dover continuare.