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Osteopatia e prostata

Autore: a cura del dott. Silvio Giglio | Pubblicato Marzo 2020 in Salute

La prostata è una ghiandola esocrina che occupa un ruolo importante nella conversione del testosterone in diidrotestosterone, forma metabolicamente attiva dell’ormone.
Parliamone in modo più osteopatico.
La prostata per la posizione che occupa svolge un ruolo meccanico particolare nel determinare il corretto angolo del collo vescicale e la posizione del medesimo, basterebbe vedere il collo vescicale dopo una TUR-P (Trans-Uretral Resection – Prostate) per capire la sua importanza.
La dimensione trasversale della prostata, che è poi la più misurata, risulta in media di circa 4 cm (3,5-4,5 cm) con tendenza ad aumentare dopo i 50 anni a valori di 5 cm. Il volume e la forma sono però gli indicatori più importanti. In centimetri cubi il volume normale si aggira attorno a valori di 25-30 e la forma è quella di una grossa castagna. L’aumento del volume, quando interessi la porzione centro ghiandolare, ne coinvolge i lobi destro, sinistro e talvolta il “medio”. Quest’ultimo è quello che, anche nei casi di normale volumetria, la sua ipertrofia determina disturbi minzioni per un effetto “valvolare”. Si comporta come una valvola che durante la minzione forzata ostruisce l’orifizio uretrale interno (trigono) diminuendo il flusso urinario e determinando un residuo post-minzionale significativo (il rapporto percentuale tra volume residuo rispetto al volume di riempimento iniziale non deve mai essere >=20%).
Trascurerò il capitolo delle patologie neoplastiche e l’oncologia correlata ricordando solo quello che da tempo si conosce sulla metastatizzazione del carcinoma prostatico che, particolarmente affine al tessuto osseo, interessa in percentuale maggiore la colonna vertebrale (rif. Harrison).
Per essere vitale (produzione di liquido seminale quale terreno di conservazione e nutrimento degli spermatozoi provenienti dalle gonadi maschili), la prostata ha bisogno degli ormoni maschili, conosciuti come androgeni: testosterone (testicoli), deidroepiandrosterone (gh. surrenali) e diidrotestosterone (dal testosterone per azione enzimatica da parte della prostata). Ecco il perché della sua involuzione progressiva al passare dell’età e degli stimoli ormonali (andropausa).
Quando questi ormoni non hanno più il loro fisiologico equilibrio ecco che la ghiandola prostatica subisce modificazioni di volume che corrispondono alla ipertrofia prostatica benigna (IPB in italiano o BPH in inglese).
Anche i tumori prostatici si è trovato abbiano correlazioni con gli ormoni tanto è vero che aumentano con l’età e con lo squilibrio tra estrogeni e androgeni, di questi ultimi in particolare il testosterone. Per anni si pensò che il testosterone fosse responsabile dei tumori prostatici poi alcuni anni fa si concluse che il testosterone poteva avere un ruolo protettivo nei confronti del tumore e che fosse poi lo squilibrio tra estrogeni e testosterone, con prevalenza dei primi, a determinare una maggiore incidenza di tumore prostatico. Attualmente si conosce che livelli ridotti di testosterone non proteggono dal tumore della prostata e anzi potrebbero aumentarne il rischio soprattutto se associati ad elevati livelli di estrogeni.
E’ importante comunque sottolineare che nei soggetti in cui esiste un tumore e soprattutto in quelli già trattati con terapie soppressive del testosterone, una sua assunzione potrebbe accelerare la crescita del tumore. Ecco perché una gran parte di ricercatori e di clinici stanno sperimentando, ed hanno già evidenziato i benefici, di alcune terapie complementari. Vi è tutta una lunga lista di alimenti e di micronutrienti che svolgono funzione di protezione verso i tumori prostatici (i.e. AGP, AntiOx, Vit E, Vit D ecc.).
Tornando alla prostata nelle sue problematiche benigne, non neoplastiche, dobbiamo considerare che la sua posizione la mette in condizioni di rischio per il coinvolgimento flogistico rispetto alle strutture adiacenti (vescica, retto, vescicole prostatiche) ma anche come elemento “tampone”, meccanicamente correlato alla regione perineale che vede pube, coccige e ischi a chiudere il perimetro del perineo e strutture mio-fasciali a completarla. Considerando le correlazioni viscerali-vascolari-fasciali-meccaniche a livello del piccolo bacino ecco che l’eziologia delle prostatiti, specialmente di quelle sterili (abatteriche), potrebbe derivare da un alterato equilibrio biomeccanico a cui si assocerebbe una congestione vascolare dapprima transitoria e funzionale, poi organizzata (prostatite inizialmente acuta e successivamente cronica).
Di seguito, l’abstract di un lavoro pubblicato dagli stessi autori in due differenti riviste scientifiche nel tentativo da un lato di porre all’attenzione degli osteopati questa problematica e dall’altro di attirare l’attenzione degli urologi.
Sindrome da prostatite cronica/dolore pelvico. Influenza del trattamento osteopatico - uno studio randomizzato controllato
Lo studio tedesco è stato pubblicato nel 2009 sulla rivista Der Urologe ed è indicizzato su PubMed.
Premessa: La prostatite è la più comune patologia urologica negli uomini di età superiore a 50 anni. Solo meno del 5% hanno eziologia batterica, infettiva, mentre nella maggior parte dei casi sono riconducibili a prostatiti croniche abatteriche. Il complesso sintomatologico, spesso descritto e compreso nelle “prostatiti croniche” e nella “sindrome del dolore pelvico cronico” (CP-CPPS), sembra essere multifattoriale così che un loro miglioramento si può ottenere con forme di terapia convenzionale.
Materiali e metodi: Lo scopo di questo studio era quello di investigare come il trattamento osteopatico potesse influenzare i sintomi della CP-CPPS (studio randomizzato controllato, 5 sedute, follow-up dopo 6 settimane e 18 mesi). Furono compresi nello studio un totale di 35 uomini con diagnosi di CP-CPPS e di età compresa tra 29-70 anni. Di questi 20 furono collocati nel gruppo di trattamento e 15 nel gruppo placebo (quest’ultimo vide la defezione di 2 pazienti per ritiro volontario). I pazienti del gruppo trattato vennero sottoposti a 5 sedute osteopatiche inizialmente (1-3) intervallate di 1 settimana e poi (4-5) di 3 settimane (complessivamente il periodo fu di 8 settimane). Le disfunzioni osteopatiche vennero trattate secondo i principi della medicina osteopatica. Il gruppo placebo venne sottoposto a semplice ginnastica e sedute fisioterapiche.
Risultati: La comparazione dei risultati del gruppo trattato rispetto a quello di controllo placebo dimostrarono una differenza statisticamente significativa a favore del gruppo trattato. Questo ha ottenuto buoni risultati negli indicatori utilizzati mentre, al contrario, il gruppo placebo è rimasto pressoché invariato. Anche il controllo nei due step di follow-up a 6 settimane e 1.5 anni (18 mesi) hanno evidenziato stabilità dei risultati ottenuti.
Conclusioni: Il risultato positivo di questo studio indica che il trattamento osteopatico può essere considerato una reale alternativa ai trattamenti convenzionali della CP-CPPS e che la stretta collaborazione tra internisti urologi e osteopati sarebbe auspicabile.
Caso osteopatico
Personalmente mi trovo quasi sempre orientato nel puntare l’attenzione alle strutture che hanno una correlazione dinamica e anatomo-topografica con la prostata. Queste strutture sono ben note a tutti noi, in particolare quelle che si organizzano nello spazio perianale, nei cui contorni si collocano, come già segnalato, il coccige, la sinfisi pubica e gli ischi (spine e tuberosità).
I test che eseguo vanno a verificare gli equilibri degli appoggi in particolare nelle connessioni “a distanza” sia ascendenti, con gli adduttori, sia discendenti con gli ileo-psoas. La parete addominale con la linea alba devono essere, osservati e testati per riscontrarne eventuali deficit e disequilibri disfunzionali (relazione tra tratto lombare e fascia toraco-lombare quale ripartitore tra cingolo pelvico e cingolo scapolare). Consiglierei di controllare questi parametri soprattutto nei ciclisti spesso soggetti definiti prostatici.
Ho recentemente avuto modo di trattare un paziente con dolore pelvico cronico in cui la mia attenzione ai test di pressione portavano a valutare una sequenza anatomicamente logica ma chiaramente poco compresa dai medici che lo avevano visto precedentemente: la correlazione tra parete addominale, linea alba, uraco, vescica e prostata. Tutti gli esami urologici fatti precedentemente avevano escluso patologia prostatica severa e avevano dimesso il paziente con una terapia sintomatica antidolorifica, riferendogli che stava diventando una “sua fissazione”.
Testando con piccole pressioni la linea alba addominale ombelico-pubica emergeva, al passaggio tra 1/3 inferiore e 2/3 superiori, una densità del connettivo che veniva anche avvertita dal paziente; lui stesso mi indicava come quel punto corrispondesse esattamente a quello da cui iniziava il dolore. Sotto le dita si avvertiva un vero e proprio ispessimento fusiforme, denso e teso che non dava dolore solo in quel punto ma che, compresso, proiettava il “fastidio” a livello perineale.
Il paziente, ancora in cura, riferisce miglioramento del dolore, dopo due trattamenti, nella zona in esame con un lavoro sul tessuto connettivo. Inoltre è stato effettuato un riequilibrio delle anche e della sinfisi pubica.

Dott. Silvio Giglio
Fisioterapista Osteopata D.O.m.Ro.I
II Trav. S.Michele 7 - Piano di Sorrento
Cel. 338. 83.17.708