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La LinfoisticitosiEmofagocitica, Alex e il miracolo dell'amore

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Dicembre 2018 in Attualità

“Ciao a tutti. Mi chiamo Alessandro Maria e ho 1 anno e mezzo. Pensate, ho iniziato a far disperare i miei genitori fin da subito visto che sono nato alla trentesima settimana e, sebbene i dottori mi avessero già dato per spacciato, ho combattuto contro una serie infinita di complicazioni per essere ancora qua. Quando le cose stavano finalmente andando un po’ meglio ed ero felice nel trascorrere la mia prima vacanza al mare con mamma e papà, purtroppo ho iniziato a star male di nuovo. Mamma e papà mi hanno riportato subito a Londra, dove sono nato e dove viviamo, per i dovuti accertamenti. Dopo quasi due settimane con la febbre alta a più di quaranta e una serie interminabile di esami in ben 3 ospedali diversi dove sono stato ricoverato, finalmente i Medici hanno scoperto cosa avevo.
Trattasi di LinfoistiocitosiEmofagocitica, una malattia genetica rarissima che non ha cure e NON lascia speranze di vita senza trapianto di midollo osseo da un donatore compatibile in tempi rapidissimi. Pensate che il 50% dei bambini colpiti da questa malattia muore entro il PRIMO MESE dalla manifestazione della malattia, mentre dei restanti circa un terzo presenta purtroppo dei gravissimi problemi al sistema nervoso. In ospedale mi stanno somministrando un farmaco sperimentale (sono il primo bambino in tutta l’Inghilterra che sta ricevendo questo farmaco) i cui effetti non sappiamo quanto possano durare. I dottori ci hanno comunque detto che molto probabilmente ci restano solo 5 settimane per poter trovare una persona che abbia il midollo compatibile col mio. Visto che sono figlio unico, e non ho quindi nessun fratello o sorella che mi possano donare il loro midollo, è stato cercato sia nel registro mondiale dei donatori di midollo osseo, che in quello dei cordoni ombelicali, ma purtroppo NON esiste AD OGGI alcun donatore compatibile. Quindi non mi resta che cercare mia sorella o mio fratello maggiore altrove...Al giorno d’oggi donare il midollo osseo è davvero semplice, SENZA alcun intervento in sala operatoria. Le cellule staminali possono essere donate con un semplice prelievo del sangue, con la stessa siringa che si usa quando si va a donare il sangue, ma con l’unica differenza che mentre i gruppi sanguigni sono 8, le combinazioni di midollo osseo sono miliardi e solo una procedura di laboratorio, nota come tipizzazione tissutale, ne può determinare la compatibilità. La tipizzazione tissutale si può effettuare su un semplice campione di saliva. CONDIVIDI QUESTO MESSAGGIO CON PIÙ PERSONE CHE PUOI PERCHÉ DEVE RAGGIUNGERE GLI ANGOLI REMOTI DELL’UNIVERSO DOVE FORSE È NASCOSTA LA PERSONA CHE MI PUÒ AIUTARE! Vi prego aiutatemi ho bisogno di voi per continuare a vivere, il mio domani dipende da un vostra scelta d’amore oggi”.
Questo messaggio, scritto a ottobre dal padre di Alex sulla pagina Facebook intitolata al bimbo, diventando rapidamente virale sui social web ha innescato una gigantesca gara di solidarietà, creando il sorprendente “Effetto Alex”, una mobilitazione da record in tutta Italia, mai registrata prima, per trovare un donatore compatibile di midollo osseo e salvare la vita al piccolo.
Alessandro Maria, detto Alex, Montresor vive a Londra con i genitori italiani, papà Paolo, originario di Colà di Lazise (Verona), e mamma Cristiana, napoletana, ed è ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra. Solo in Italia sono circa 12mila i cittadini che si sono messi in fila nelle piazze italiane per il prelievo della saliva ai fini della tipizzazioneda parte dell’Admo (Associazione donatori midollo osseo), che inserisce i dati nel registro nazionale collegato alla rete mondiale. Anche a Sorrento, venerdi 9 novembre, una folla immensa di giovani, oltre 700, ha risposto all’appello lanciato da Laura Cuomo dell’osservatorio civico Grande Onda e dell’Admo Campania a favore del piccolo Alex, recandosi l’intera giornata senza sosta alla postazione con banchetti e laboratorio mobile allestita dai volontari in Piazza Angelina Lauro. Studenti di scuola superiore e universitari, lavoratori, sportivi, aderenti ai Forum dei giovani della Penisola, si sono messi in coda per ore sin da prima dell’apertura dei banchetti; in serata è arrivata al gran completo anche la squadra di Volley di Massa Lubrense, la “Folgore Massa” con tutti i pallavolisti che la compongono. Alle 21,00, ora prevista per la chiusura della postazione Admo, c’erano ancora giovani in attesa del prelievo: i volontari sono stati costretti a chiudere per esaurimento dei tamponi!
La mobilitazione generale dimostra quanto il nostro popolo sappia essere sensibile al valore della solidarietà, benché sia importante la donazione, sia un atto consapevole e non una scelta emozionale e contingente, condizionata dal clamore mediatico del singolo caso. Le donazioni non possono essere destinate solo per una singola persona ma sono a disposizione di tutti. Anche se i 12mila Italiani che hanno risposto all’appello non aiuteranno direttamente il piccolo Alex, il loro DNA resta a disposizione nel database mondiale per chi potrà salvarsi grazie alle loro cellule.
La patologia di cui soffre Alex, la LinfoistiocitosiEmofagociticaprimaria o familiare, è una rara malattia genetica che coinvolge il sistema immunitario. La patologia colpisce circa 1 nuovo nato su 50.000: il numero di nuovi casi attesi in Italia è stimabile attorno a una decina l’anno. Colpisce indifferentemente maschi e femmine. Si trasmette come carattere autosomico recessivo, cioè entrambi i genitori sono portatori sani del gene difettoso (maggior rischio tra i consanguinei). Studi recenti hanno dimostrato che la malattia è geneticamente eterogenea nel senso che viene causata da almeno 3 geni diversi. Il difetto che causa questa condizione è la mancanza di proteine essenziali per la funzione dei linfociti T Citotossici e Natural Killer, potenti difensori dell’organismo capaci di uccidere le cellule nemiche per contatto diretto. La proteina deficitaria è diversa nelle diverse forme genetiche, nel 40% dei casi è la perforina. Il difetto immunitario causa a seguito di uno stimolo, esempio infezione virale, attivazione dei macrofagi, che in qualche modo cercano di sostituire i loro “colleghi” linfociti più specializzati che sono in affanno, ma una volta attivati impropriamente queste cellule secernono grandi quantità di citochine infiammatorie che, prodotte in eccesso, sono responsabili della maggior parte dei segni clinici e biologici.
La malattia diventa sintomatica quando si innesca la sindrome da attivazione macrofagica, mentre fino a quel momento il bambino appare in buona salute, di solito per alcuni mesi dopo la nascita o, meno frequentemente, diversi anni. La linfoistiocitosiemofagocitica primaria si manifesta nel primo anno di vita nel 70% dei bambini; il 10% ha un esordio nel periodo neonatale. Nella maggior parte dei casi, i primi segni comprendono febbre elevata senza causa apparente, irritabilità, malessere generale, edemi corporei e progressiva epatosplenomegalia. Altri possibili sintomi sono tumefazione dei linfonodi, ittero, esantema cutaneo maculo-papulare. Sintomi a carico del sistema nervoso centrale (irritabilità, convulsioni, deficit dei nervi cranici, atassia, ipotonia o ipertonia, rigidità nucale, emiplegia o tetraplegia, cecità, coma) sono diagnosticati nel 75% dei pazienti. Comuni reperti di laboratorio comprendono citopenia (in particolare piastrinopenia), ipertrigliceridemia, ipofibrinogenemia.
Secondo le linee-guida internazionali, la diagnosi può essere formulata quando siano soddisfatti cinque dei seguenti otto criteri clinici: febbre; aumento di dimensioni della milza (splenomegalia); riduzione del numero di cellule del sangue (citopenia), che coinvolge almeno due linee cellulari; ipertrigliceridemia e/o ipofibrinogenemia; emofagocitosialla biopsia del midollo osseo o nella milza o nei linfonodi; bassa o assente attività delle cellule NK; ferritina ≥ 500 microgrammi/L; aumentati livelli del recettore CD25 solubile (> 2400 U/ml). La diagnosi può essere confermata a livello genetico con ricerca delle mutazioni dei geni coinvolti.
In assenza di trattamento, la linfoistiocitosiemofagocitica primaria è rapidamente fatale con una sopravvivenza mediana di circa 2 mesi dall’esordio. La sopravvivenza è del 10% nei casi trattati con terapia medica e di circa il 70% in quelli curati con trapianto di cellule staminali emopoietiche. La terapia medica si basa su una combinazione di chemioterapia (etoposide, methotrexate), immunoterapia (siero anti-linfocitario, ciclosporina) e steroidi. Di recente, l’impiego dell’anticorpo monoclonale ricombinante contro “interferon gamma”, mediatore rilasciato dai macrofagi che è il principale responsabile dell’infiammazione e del danno dei tessuti nella malattia, ha dato buoni risultati, ma sempre solo in attesa del trapianto.
Il midollo osseo è un tessuto molle, presente nella cavità interna delle ossa, che contiene le cellule staminali ematopoietiche, progenitrici di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Attraverso il trapianto di midollo osseo si sostituisce il midollo osseo alterato del paziente con un altro sano, proveniente da un donatore. Ogni individuo ha un proprio marchio genetico, chiamato HLA (Human LeukocyteAntigen). Per effettuare un trapianto, è necessario vi sia compatibilità di HLA tra donatore e ricevente. Nella gerarchia dei donatori impiegabili, si parte da un fratello o da una sorella, che hanno maggiori probabilità di essere immunogeneticamente simili. Se non disponibili, si cerca un donatore nei registri dei donatori di midollo osseo che possa essere compatibile con il ricevente.
Va considerato però che esiste un 30% di pazienti che non troverà mai un donatore che sia compatibile, a dispetto dei più di 32 milioni di donatori disponibili nel mondo. Per questa quota di pazienti, soprattutto in età pediatrica, c’è attualmente l’opzione del trapianto dai genitori. Si tratta di un intervento più complesso da realizzare perché bisogna manipolare le cellule che si vanno a infondere, in maniera tale da eliminare selettivamente gli elementi che potrebbero aggredire l’organismo del ricevente (all’Ospedale Bambino Gesù sono stati trapiantati dall’equipe del prof. Locatelli 50 bambini affetti da immunodeficienze primitive con questo approccio innovativo).
Per quanto riguarda il trapianto da donatore, il prelievo viene effettuato dal sangue periferico, stimolandolo nei 5 giorni antecedenti con un trattamento farmacologico che favorisce la produzione di cellule staminali ematopoietiche e il loro passaggio nel sangue circolante. Il sangue viene prelevato da un braccio, passato attraverso una macchina apposita, che separa le cellule staminali dal resto del sangue e le raccoglie a parte, e reinfuso immediatamente nell’altro braccio (come nella dialisi). È una procedura che dura circa 4 ore.
Possibili candidati alla donazione di midollo, soggetti di un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, in buona salute generale e assenza di malattie del sangue, con peso superiore a 50 chilogrammi. Concludiamo con la bellissima testimonianza di Serena Pane, una delle attiviste che hanno organizzato la giornata a Sorrento, che è concisa col giorno del suo compleanno: “Ho imparato...Ho imparato che la solidarietà esiste, sempre e ovunque!L’ho vista negli occhi dei giovani che hanno affollato Piazza Lauro, nelle mani dei volontari che sin dal mattino hanno distribuito centinaia di moduli e risposto a mille domande, nella semplice presenza lì in piazza di tutti quelli che ‘non ho l’età’ ma che in qualche modo volevano dare il loro contributo con un saluto, un caffè, una bottiglia d’acqua. Ho imparato che esistono affinità elettive che vanno oltre il concetto di tempo: in pochi giorni, addirittura in poche ore, si è creata una squadra affiatata, in cui ognuno ha dato il proprio contributo senza mai tirarsi indietro, ognuno come sapeva e poteva. Ho imparato che la passione smuove mari e monti. Oggi sono un anno più grande ma sono felice: ho avuto l’opportunità di imparare e sono pronta ad imparare ancora.”