
Danno da perdita del rapporto parentale: quando c’è il risarcimento?

La Cassazione ha fornito chiarimenti sul danno da perdita del rapporto parentale per la moglie di un dipendente deceduto per infortunio sul lavoro
Alla moglie di un dipendente deceduto per infortunio sul lavoro spetta il risarcimento per il danno da perdita del rapporto parentale?
A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23963 del 12 ottobre 2017. Una pronuncia importante, che ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di infortunio sul lavoro e di relativo risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.
Nel caso di specie, i giudici hanno accertato che la moglie del lavoratore ha diritto di essere risarcita per il danno da perdita del rapporto parentale.
E questo indipendentemente dal fatto che alla stessa sia stata già erogata la rendita INAIL.
Nella vicenda in esame, una donna aveva agito in giudizio nei confronti del titolare di una ditta di autotrasporti. L’obiettivo era ottenere la condanna dello stesso al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a seguito della perdita del marito. Questi era collaboratore della ditta stessa, ed era deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro.
Il Tribunale di Lodi, pronunciatosi in primo grado, aveva ritenuto che la donna avesse diritto al risarcimento della somma di euro 160.000,00, a titolo di “danno non patrimoniale, per la perdita del rapporto con il coniuge”. Il cosiddetto danno da perdita del rapporto parentale.
Ma i giudici avevano altresì stabilito che la ditta di autotrasporti non potesse essere condannata al pagamento di tale somma, dal momento che la donna era già stata risarcita dall’INAIL.
La sentenza era stata, però, riformata dalla Corte d’appello di Milano. Di conseguenza, il titolare della ditta di autotrasporti aveva deciso di rivolgersi in Cassazione, per ottenere l’annullamento della sentenza.
Secondo la Corte d’appello, “il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, a differenza del danno biologico strettamente inteso come compromissione dell’integrità psico-fisica del lavoratore infortunato, non trova alcun ristoro nella rendita erogata dall’INAIL al parente o al coniuge superstite e deve, pertanto, essere interamente ed autonomamente risarcito”.
Per i giudici d’appello, il danno consistente nella perdita di un familiare non può essere compreso nel danno biologico che viene indennizzato dall’INAIL, con la conseguenza che tale danno deve essere autonomamente risarcito dal datore di lavoro.
Invece, di diverso avviso è stata la Suprema Corte. Questa ha rigettato il ricorso proposto dal datore di lavoro, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione che la rendita ai superstiti erogata dall’INAIL riguarda solamente i danni subiti dal lavoratore assicurato. Ne consegue che la stessa non copre i danni subiti, a seguito dell’infortunio sul lavoro, da parte dei familiari.
Questi ultimi, infatti, dovranno essere autonomamente risarciti.
Per tali ragioni, la Cassazione ha confermato la sentenza impugnata e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
FONTE responsabilecivile.it
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