Rc Auto: il valore di prova legale della scatola nera al vaglio della Consulta
Il Giudice Onorario di Pace di Barra rimette alla Corte la questione di legittimità costituzionale circa il regime probatorio delle risultanze della scatola nera.
Ha chiesto l'intervento della Corte Costituzionale il Giudice Onorario di Pace di Barra, Avv. Massimo Ruscillo, stimolando una pronuncia sul valore di prova legale della scatola nera nei sinistri stradali ai sensi della disciplina contenuta nella legge sulla concorrenza approvata l'agosto scorso.
Con l'ordinanza dello scorso 30 settembre (qui sotto allegata), il magistrato onorario ha espresso le sue perplessità circa la previsione che le risultanze della scatola nera abbiano valore di piena prova nei provvedimenti civili, addossando in tal modo alla controparte l'onere probatorio circa il cattivo funzionamento o la manomissione del dispositivo.
La vicenda
Il rinvio alla Consulta prende le mosse da un giudizio di risarcimento danni da circolazione di autoveicoli: a seguito di un sinistro, vengono convenuti il (presunto) responsabile e la sua compagnia di assicurazioni e quest'ultima, nel costituirsi, contesta la storicità dell'evento indicato in citazione depositando le risultanze telematiche del dispositivo "Vodafone Automotive", preinstallato sull'autovettura di proprietà del suo cliente, dalle quali non si evinceva alcun "evento crash" per la giornata, il luogo e l'orario indicati in citazione.
Sul punto, la difesa dell'attore insisteva per l'ammissione della prova testimoniale sui capi indicati in citazione, mentre la convenuta rivendicava il valore di prova legale attribuito alle risultanze della scatola nera dall'art. 145-bis del d.lgs. n. 209/2005 (cd. "codice delle assicurazioni private"), come introdotto dalla L. n. 124/2017, opponendosi all'ammissione della prova testimoniale.
La norma introdotta dalla legge sulla concorrenza in sostanza stabilisce che quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulti dotato di un dispositivo elettronico che presenta determinate caratteristiche tecniche e funzionali, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo.
Piena prova delle risultanze della scatola nera: è costituzionalmente legittima?
Il magistrato onorario loda l'intento del legislatore di porre un freno al malevolissimo fenomeno delle truffe assicurative, tuttavia ritiene che il richiamato art. 145-bis si ponga in contrasto con i principi del giusto processo ex art. 111, comma 2 della Costituzione, laddove è previsto che "ogni processo di svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale", nonché dell'art. 6, comma 1, della C.E.D.U., quale norma interposta ai sensi degli artt. 117, comma 1, e 10, comma 1, della Costituzione.
In pratica, prosegue il provvedimento, consentendo a una parte privata di produrre nel processo le risultanze della "scatola nera" (o black box) contenenti il registro delle attività del veicolo incidentato, conferendo alle stesse il valore di prova legale, si violerebbe il principio della "parità delle armi", essendo rimesso all'attore l'onere di dimostrare "il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo".
A parere del giudice remittente, l'anomalia consiste nel fatto che non è la parte che deposita il documento a dover dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze della scatola nera, ma è quella contro la quale il documento è prodotto che deve fornire la prova (pena l'eventuale soccombenza nel giudizio) che tali risultanze sono falsate perché il dispositivo è malfunzionante o manomesso.
In sintesi, non è prevista alcuna forma di contraddittorio nella formazione della prova in sede precontenziosa e, al documento proveniente da un terzo (ovvero la società privata che gestisce i report della scatola nera), formatosi senza alcun controllo giudiziale e al di fuori del vaglio del contraddittorio, viene attribuita la forza di fondare il giudizio di fatto.
Invece, alla controparte non sarebbe consentita altra scelta se non quella di richiedere una consulenza tecnica di ufficio, che, salvo casi eccezionali, non costituisce un mezzo di prova in senso tecnico, e, solo qualora il giudice dovesse ritenere le risultanze della c.t.u. di pari efficacia di quelle rappresentate nella prova legale, potrà riacquistare la libertà di scelta delle prove ai fini del proprio convincimento.
In conclusione, alle compagnie assicurative basterebbe il deposito del report della scatola nera (predisposto da società contrattualizzate) per condizionare l'esito del processo qualora le risultanze del dispositivo siano difformi dalle modalità del sinistro indicate in citazione, con evidente compressione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 della Costituzione.
Invece, la parte contro la quale il documento è prodotto (e che non ha partecipato alla sua formazione in sede precontenziosa), dovrà sobbarcarsi gli oneri economici di una consulenza tecnica di ufficio (che possono anche superare di gran lunga il valore della domanda), allungando i tempi di definizione del processo e con il risultato paradossale di dover iniziare un subprocedimento garantito dal principio del contraddittorio al fine di scardinare le risultanze di un documento per la cui formazione non è previsto contraddittorio alcuno.
FONTE studiocataldi.it
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