La transizione dalle cure del pediatra al medico dell’adulto
Per “periodo di transizione” si intende quella fase della vita che va dalla comparsa dei primi segni di sviluppo puberale al raggiungimento del pieno e completo sviluppo fisico e psicologico tipico dell’età adulta, e corrisponde all’età dell’adolescenza. Sebbene dal punto di vista cronologico l’adolescenza non abbia limiti rigidamente definibili, usualmente l’inizio viene identificato intorno ai 10-11 anni, e il suo termine collocato ai 18 anni di età. Tuttavia, tenendo conto sia della possibilità di un inizio più anticipato dello sviluppo puberale, sia di un più ritardato raggiungimento di una piena maturazione psico-fisica, i limiti possono essere estesi dagli 8-9 anni, se pubertà precoce/anticipata, fino alla terza decade di vita, quando condizioni mediche (patologie/disordini cronici), neuro-psicologiche o sociali ne prolunghino il fisiologico decorso: per esempio, per i soggetti con deficit di GH idiopatico la fine del periodo di transizione si colloca intorno all’età di 25 anni. A questa fase biologica e psichica corrispondono anche dei cambiamenti nell’assistenza sanitaria.
In Italia, a livello territoriale, il pediatra di famiglia (PdF), secondo l’ultimo Accordo Collettivo Nazionale, ha l’esclusività dell’assistenza fino al 6° anno, la possibilità facoltativa di seguire i propri assistiti fino al 14° anno, con l’ulteriore estensione (ma di non uniforme attuazione, a seconda dei diversi Accordi Regionali) fino al 16° anno per casi particolari e/o per patologia cronica. A livello ospedaliero, nell’agosto 1987 il Consiglio Superiore di Sanità riconosceva l’opportunità del ricovero dell’adolescente in strutture pediatriche: tuttavia, solo il 12.2% dei soggetti oltre i 15 anni trova di fatto assistenza in Area pediatrica, mentre il restante 87.8% è ricoverato in reparti per adulti.
Indipendentemente dall’età a cui questo avviene, l’adolescente deve ad un certo punto passare dalle cure pediatriche a quelle internistiche. La Società Americana di Medicina dell’Adolescenza ha definito la fase di transizione delle cure come “il passaggio, programmato e finalizzato, di adolescenti da un sistema di cure centrato sul bambino ad uno orientato sull’adulto”. La transizione dalle cure pediatriche a quelle del medico dell’adulto rappresenta un passaggio assistenziale delicato ed importante per l’adolescente, che dovrebbe essere incentrato sul paziente con una grande attenzione alle sue esigenze individuali, ed avvenire con continuità, coordinazione, flessibilità, sensibilità, secondo linee guida prestabilite, ed è particolarmente problematico per gli adolescenti affetti da malattia cronica, che sono sempre di più grazie alla maggiore sopravvivenza, in virtù dell’evoluzione delle conoscenze mediche: si stima che circa il 15% degli adolescenti tra 15 e 17 anni residenti in Italia soffrano di almeno una malattia cronica.
Esistono numerose problematiche, correlate a tutti i protagonisti della transizione, che possono ostacolare e complicare questo processo; tra queste, sono particolarmente frequenti:
- da parte del team pediatrico, il legame affettivo con il paziente, la non completa fiducia o scarsa comunicazione e conoscenza delle strutture internistiche, l’interesse scientifico nel follow-up del paziente;
- da parte dell’adolescente o giovane adulto, la paura di affrontare un ambiente sconosciuto in cui non avere un referente noto, e l’assenza di un ambiente dedicato alla sua età; il vissuto di malattia cronica comporta infatti spesso lo sviluppo di meccanismi di attaccamento allo staff del centro (medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari) che rende doloroso il distacco dalla struttura pediatrica cui si è stati legati per anni;
- da parte della famiglia, la sensazione di non sentirsi più un interlocutore privilegiato per il medico, che si riferisce ora direttamente al paziente;
- da parte del medico dell’adulto, la remora di una insufficiente preparazione culturale nell’affrontare e nel gestire alcune patologie croniche, congenite o ad insorgenza in età pediatrica, con cui non ha dimestichezza.
Di fatto, esistono differenze sostanziali tra le cure pediatriche e quelle dell’adulto, cui il giovane deve adattarsi: le cure pediatriche sono centrate sul bambino e sulla sua famiglia, con una particolare attenzione alla triade genitori-bambino, mentre le cure indirizzate all’adulto sono più centrate sulla malattia, sul suo trattamento e sulle complicanze; inoltre il soggetto, piuttosto che la famiglia, è il vero interlocutore.
Un corretto, fisiologico e indolore processo di transizione è indispensabile per garantire la realizzazione di un percorso assistenziale che consenta l’adeguata tutela della salute psicofisica del paziente, oltre ad attenuare l’impatto psicologico del cambiamento sul giovane paziente e a permettergli di gestire in modo consapevole le problematiche inerenti la propria salute.
Rimanere troppo a lungo in una organizzazione pediatrica (la cosiddetta “pediatrizzazione” cronica del paziente) può contribuire a ritardare lo sviluppo di uno spirito di indipendenza (già favorito dai meccanismi protettivi della famiglia) e può privare pazienti con specifiche malattie delle cure appropriate alla loro età. I medici dell’adulto sono infatti più competenti di alcune condizioni e complicanze rare in età pediatrica e dispongono di un armamentario farmacologico e terapeutico più vario.
Il periodo della transizione ai servizi sanitari dell’adulto, se non condotto in maniera adeguata, può associarsi a discontinuità ed interruzioni traumatiche delle cure, con aumento del rischio di complicanze e scompenso della malattia di base, esempio, nel diabete. La efficace transizione è dunque importante per garantire la salute a lungo termine e per scongiurare la possibilità di abbandono delle cure, che in adolescenza raggiunge un livello critico se si considera che secondo alcuni studi il 50-55% degli adolescenti con malattie croniche, quindi la metà e oltre, abbandona le terapie. Il complesso processo di transizione richiede la formulazione di uno specifico percorso diagnostico-terapeutico strutturato, condiviso tra il pediatra e il medico dell’adulto, che si basi su un programma formalizzato e progressivo. La prima parte di questo progetto compete al pediatra, con la preparazione del paziente e della famiglia: già nella prima parte dell’adolescenza, il pediatra deve educare il ragazzo ad essere consapevole e responsabile della propria salute, e, nel caso di patologia cronica, comprendere la natura della malattia, il razionale del trattamento, la causa dei sintomi e a riconoscere un eventuale peggioramento e le misure per contrastarlo, oltre che le modalità per chiedere l’aiuto del personale sanitario e per orientarsi nel sistema sanitario.
Un periodo di 2-4 anni dovrebbe permettere al pediatra un lavoro educativo del paziente ed una valutazione progressiva delle sue conoscenze della malattia, dei segni precoci di un eventuale scompenso e complicanze, della sua capacità di affrontare da solo un eventuale trattamento a domicilio, di contattare l’equipe curante in caso di necessità, e di organizzarsi autonomamente le visite in ospedale e gli esami ambulatoriali.
È importante il coinvolgimento dei genitori, che dovranno essere aperti ad accogliere le istanze di autonomia ed emancipazione dell’adolescente, ma restare sempre informati del suo stato di salute, e aver modo di pianificare il passaggio di consegne al nuovo curante con un’idea precisa di ciò che succederà dopo, rassicurati di opportunità ed esito positivo del passaggio alle cure allo staff dell’adulto. Nella fase del trasferimento vero e proprio, è necessaria una reciproca conoscenza e un passaggio coordinato di consegne tra le figure sanitarie del bambino e dell’adulto. Il pediatra consegna all’internista l’anamnesi completa del paziente, con i percorsi diagnostici e le terapie praticate, e discute col collega che lo prende il programma delle cure future, ai fini di un’impostazione comune del programma assistenziale e terapeutico, che garantisca continuità dell’assistenza. Sarebbe auspicabile un modello di transizione in cui i ragazzi possano essere seguiti per il tempo necessario in uno spazio ad hoc co-gestito da pediatri e medici dell’adulto specificamente formati, una sorta di “cliniche dell’adolescente”.
Articoli Salute
- Fitoterapia: L’Aloe Vera
- Sordità genetica: nuove speranze grazie ad un virus
- Cosa fare in caso d’influenza intestinale?
- La Cisti di Baker
- Medicina Alternativa: Gli oli essenziali di pronto intervento
- Il meglio per un’esperienza di ascolto nuova: dai ricaricabili alle connessioni bluetooth!
- Scopriamo il ruolo dell'ostetrica. Intervista a Maria Rosa Zarrella
- Fat burner. Bruciare grassi
- Tono e densità muscolare
- Il trattamento della malattia parodontale (piorrea)
- Neuroplastica ed attività motoria
- (Ri)Cominciamo dalla Logopedia
- Denti ingialliti o macchiati: la soluzione che funziona
- Ricaricabile e Titanio High-Tech Le nuove parole d’ordine in Audiologia
- La sottile linea tra udito e cervello: Aumento del rischio di demenza con ipoacusia
- Come prevenire perdita di memoria e invecchiamento precoce del cervello
- Osteopatia e labirintite
- Stretching e Stretching dei meridiani energetici