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I Disturbi del Comportamento Alimentare: il cibo come strumento di controllo

Autore: dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Febbraio 2018 in Salute

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) compren­dono un insieme di condizioni psicopatologiche che si esprimono attraverso condotte alimentari alterate, azione di controllo della funzione alimentare e del peso corporeo, disturbi dell’immagine corporea, dell’autostima, del pensie­ro e dell’affettività.
Le tre categorie di DCA inquadrate nell’ultimo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) dell’A­merican Psychiatric Association sono: Anoressia Nervosa, Bulimia, e Disturbo da Alimentazione Incontrollata.
L’Anoressia Nervosa è caratterizzata da una restrizione dell’apporto energetico rispetto al bisogno, che determina una significativa riduzione di peso e altre complicazioni fisi­che, ed è provocata da una percezione distorta del proprio peso e da un’ossessione di controllo dell’introduzione del cibo ai fini di ottenere la sensazione di autonomia, forza, autostima.
La Bulimia Nervosa, che è in aumento rispetto all’ano­ressia e interessa persone più grandi, ne rappresenta spesso una evoluzione (il 25-35% dei bulimici ha sofferto di ano­ressia) e condivide la stessa ossessione per il cibo e il peso, con la differenza che il controllo del peso viene attuato non attraverso restrizione dell’apporto calorico ma tramite con­dotte di compenso, quali iperattività fisica, vomito autoin­dotto, uso improprio di diuretici e lassativi. Spesso la bulimia si presenta attualmente in forma “multi-compulsiva”, cioè associata a disturbi della personalità, abuso di alcolici e stu­pefacenti, shopping compulsivo, cleptomania. Sono inoltre in aumento le forme atipiche di anoressia e bulimia, dove mancano alcuni degli elementi tipici, esempio anoressia senza amenorrea, o bulimia senza vomito auto-provocato: i cosiddetti “disturbi dell’alimentazione non altrimenti spe­cificati” o Ednos (Eating Disorder Not Otherwise Specified).
Infine, il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, o Bin­ge Eating Disorder (BED, Disturbo da Abbuffata Compulsiva), frequente negli adolescenti, è caratterizzato dalla assoluta perdita di controllo rispetto all’introduzione del cibo, ed è correlato all’obesità, mancando, rispetto alla bulimia, le pra­tiche compensatorie. Altri disturbi correlati ai DCA sono: la Vigoressia, legata al mondo delle palestre e del fitness, che è la scelta ossessiva di una dieta (a base di proteine) che potenzi la muscolatura: l’Ortoressia, ossessione per il mangiare sano, con progressiva restrizione del cibo considerato poco salutare; la Drunkoressia, una forma al limite tra disturbo alimentare e dipendenza alcolica, frequente nelle adolescenti, che consiste nel digiuna­re durante il giorno per poi sballarsi con l’alcol durante gli happy hour; il Disturbo Evitante/Restrittivo nell’As­sunzione di Cibo (Avoidant/Restrictive Food Intake Di­sorder, ARFID), nuova entità nosografica che colpisce soprattutto i bambini, già da 2-3 anni fino alla preado­lescenza, e in particolare i maschi, caratterizzata da un’eccessiva selettività nella scelta del cibo.
I DCA sono in continuo aumento, e solo in Italia at­tualmente interessano circa 3 milioni di persone, sen­za considerare i numerosi casi che restano sommersi, per l’elevata incidenza di forme precliniche/borderline e per le emozioni di ambivalenza, segretezza e vergo­gna che portano il paziente alla rimozione-negazione del disturbo. Ogni anno si stimano 8 nuovi casi di ano­ressia per 100.000 donne e 12 nuovi casi di bulimia per 100.000 donne. L’età in cui si registra il picco di esordio è tra i 14 e i 17 anni, ma la soglia d’insorgenza tende ad abbassarsi sempre più in età pre-pubere (8-9 anni), mentre aumentano anche i casi tra le persone oltre i 40 anni: l’incidenza nella fascia dagli 8 ai 14 anni è sa­lita dal 5% al 20% dei casi, mentre presenterebbe un disturbo alimentare fino al 3% delle donne tra i 40 e i 50 anni. Un caso su dieci interessa i maschi, ma nei pazienti più piccoli i maschi arrivano al 40%dei casi.
Dal punto di vista funzionale, i DCA sono disturbi in cui il rapporto con il cibo, rifiutato o ingerito in quantità smodata, esprime un disagio psicologico profondo che ha a che vedere con un forte senso di inadeguatezza, insicurezza e incapacità di affrontare le difficoltà, che viene compensato dalla sensazione di forza data dalla capacità di controllo della dieta. Il nucleo psicopatolo­gico comune di tutti i DCA è il pensiero ossessivo sul corpo e sul peso. Similmente alle dipendenze da alcol, il paziente vive un’intensa e patologica ideazione su un oggetto, per difendersi da conflitti emotivi e incertezze identitarie profondamente angoscianti.
La pressione culturale sulla forma fisica, enfatizza­ta nelle società occidentali come ideale dell’Io e pila­stro del valore e del successo personale, favoriscono negli individui più fragili la concentrazione sull’alimen­tazione, fungendo da elemento “patoplastico”, cioè che suggerisce la forma da dare al sintomo che rappre­senta la risposta adattativa al disagio emotivo. Per tale motivo i DCA vengono considerati “sindromi culturali”, ovvero malattie che sono il prodotto dell’impatto della società sulla vulnerabilità individuale, tanto è vero che in Paesi dell’Asia, dell’Africa, dell’Europa dell’Est, appe­na sono stati importati modelli culturali e stili di vita occidentali, questi disturbi hanno raggiunto i livelli di diffusione tipici del mondo occidentale.
A fronte dell’aumento dei DCA, si registra una ridu­zione dei casi di tossicodipendenza nelle stesse fasce di età, come se il disturbo alimentare oggi si prestas­se meglio a rappresentare ed esprimere un malessere che, in altre epoche ed in altri contesti, poteva trovare compenso in altri tipi di manifestazione patologica.
I DCA si scatenano soprattutto, e non a caso, in ado­lescenza. L’adolescente vive un turbinoso cambiamen­to dell’immagine del proprio corpo, che diventa ogget­to della sua ossessiva attenzione. I DCA esprimono nell’adolescente il conflitto tra mente e corpo: il cibo diventa lo strumento per controllare il corpo e, attra­verso il corpo, il mondo esterno. Inoltre, gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili alle insidie della rete, dove fioriscono i siti web “pro-anoressia” che utilizzano un linguaggio subdolo e ammiccante per agganciare le ragazze insicure propagandando l’anoressia come una divinità, la dea ANA, a cui immolarsi.
Dal punto di vista eziopatogenetico, i DCA non hanno una singola causa, ma sono il prodotto di un mosaico di fattori genetici, biologici, familiari (assetti familiari e relazionali disfunzionali), di storia di vita (es. abusi, traumi, lutti), psicologici (insoddisfazione per il corpo, perfezionismo, bassa autostima, difficoltà a rico­noscere e regolare le emozioni, difficoltà nel controllo degli impulsi e nelle relazioni interpersonali). La per­dita di peso per una qualche causa, e soprattutto una recente dieta, sono tra i fattori scatenanti più comuni, soprattutto nei bambini ed adolescenti, e questo deve indurre cautela nell’approccio dietetico al problema dell’obesità infantile.
La diagnosi precoce, che influenza il successo del­la terapia, rappresenta una sfida difficile. Spesso i sinto­mi iniziali si confondono con le mode culturali salutiste e di fitness e sono negati dai pazienti. Per i genitori sin­tomi di allarme possono essere perdita di peso, scarso appetito, progressiva riduzione e selezione dei cibi, adozione di regole dietetiche estreme e rigide, saltare i pasti, aumento smodato dell’attività fisica, cambia­menti del tono dell’umore, perdita di interessi, chiusu­ra in se stessi, alterazioni del sonno, paura d’ingrassare (spesso non riportata nelle giovanissime), valutazione di sè dipendente in modo predominante o esclusivo dal controllo esercitato sul peso, sulla forma del corpo e sull’alimentazione.
Gli insegnanti devono tenere sotto controllo gli studenti, osservare i cali repentini di peso, se i giovani vanno a vomitare in bagno, le modificazioni del com­portamento e del rendimento scolastico. I professio­nisti delle cure primarie (pediatri di famiglia, medici di medicina generale) dovrebbero inserire un paio di domande chiave durante la raccolta dell’anamnesi, quali: “Ha problemi con l’alimentazione?” e “Si preoc­cupa molto del peso e della forma del suo corpo?”. Se il paziente risponde in modo affermativo, vanno fatte domande specifiche sui comportamenti che adotta per controllare il peso. L’uso di semplici questionari può facilitare lo screening, esempio nelle persone ad alto rischio, come le adolescenti e le giovani donne con peso eccessivamente alto o basso, preoccupazio­ni per il peso e la forma del corpo, disturbi mestruali o amenorrea, sintomi dispeptici e problemi psicologici, il medico può somministrare lo SCOFF (Sick, Control, One stone, Fat, Food), costituito da 5 domande: 1) Ti in­duci il vomito quando ti senti eccessivamente pieno?, 2) Ti preoccupi se hai perso il controllo su quanto hai mangiato?, 3) Recentemente hai perso più di 6 kg in un periodo di 3 mesi?, 4) Pensi di essere grasso, mentre gli altri ti dicono che sei troppo magro?, 5) Diresti che il cibo domina la tua vita?
Il medico deve anche conoscere i sintomi con i quali il paziente con DCA può presentarsi alla sua os­servazione. I pazienti anoressici nelle fasi iniziali posso­no presentarsi dal medico con sintomi aspecifici, come dolore e gonfiore addominale, stipsi, intolleranza al freddo, perdita di capelli, alterazioni della pelle e delle unghie, amenorrea, presunte allergie o intolleranze ali­mentari, astenia. Nella bulimia sintomi aspecifici sono alterazioni mestruali, astenia, dolore e distensione ad­dominale, stipsi o diarrea, pirosi gastrica e mal di gola. Possono essere colti segni fisici del vomito autoin­dotto, quali erosioni e callosità sul dorso delle mani, erosioni dello smalto dei denti, abrasioni del palato, ingrossamento delle ghiandole parotidee. Nell’infan­zia, il pediatra deve prestare attenzione ai bambini con scarso appetito e alimentazione selettiva, per i quali la nutrizione acquista il ruolo di strumento di ricatto, con­trattazione, conflitto.
L’esame obiettivo parte dalla misurazione del peso e dell’altezza. Il tasso di perdita di peso negli ultimi tre mesi è un importante parametro e una perdita di peso superiore a 1 kg la settimana pone le indicazioni per un ricovero urgente. La presenza di bradicardia marcata ( <50 al minuto) e/o aritmia e di grave ipotensione (pres­sione arteriosa massima <80 mmHg) sono indicatori di opportunità di ospedalizzazione. Segni di malnu­trizione sono inoltre mani e piedi freddi, temperatura corporea inferiore ai 36 °C, acrocianosi ed edema delle estremità. La valutazione laboratoristica serve a inda­gare lo stato metabolico-nutrizionale e la funzionalità d’organo.
Riguardo alla prognosi, i DCA rappresentano la prima causa di morte per malattia (dopo gli incidenti stradali) nelle donne tra i 12 e i 25 anni. Sono, tra le patologie psichiatriche, quelle col più alto indice di mortalità, in particolare, nel caso dell’anoressia nervo­sa, il rischio di morte è 5-10 volte maggiore di quello di persone sane della stessa età e sesso, con un tasso di mortalità del 10% a dieci anni dall’esordio e del 20% a vent’anni. La mortalità è legata sia alle complicanze della malnutrizione, sia all’alto tasso di suicidi.
Le complicazioni mediche contemplano, per l’ano­ressia: amenorrea, che spesso ma non sempre, regre­disce con il recupero del peso, e può correlarsi, in un 20-30% dei casi, al rischio di sterilità; danno cardiaco fino a morte per arresto cardiaco; danni di tutti gli or­gani e apparati; arresto della crescita staturale; grave osteoporosi.
Nel febbraio del 2014 si è conclusa la ricerca nazio­nale sui DCA in età adolescenziale e preadolescenziale condotta dal Ministero su 1.380 soggetti tra gli 8 e i 17 anni, che ha trovato nelle forme ad esordio precoce un’incidenza di osteoporosi da blocco dell’accresci­mento osseo fino al 43%. Diverse anche le possibili comorbilità dei DCA: manifestazioni fobico-ossessive, depressione, attacchi di panico, discontrollo degli im­pulsi, autolesionismo e tentativi di suicidio, comporta­menti a rischio come sessualità promiscua e non pro­tetta, uso di sostanze di abuso.
In letteratura scientifica non sono stati mai riportati casi di remissioni spontanee della patologia: la guari­gione necessita di un intervento terapeutico. Questo richiede, secondo le “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazio­ne” del Ministero della Salute, un approccio integrato da parte di un’équipe multidisciplinare formata da psi­cologo-psicoterapeuta, psichiatra, medico internista o pediatra, nutrizionista, endocrinologo, ginecologo, die­tista, infermiere, educatore professionale, tecnico della riabilitazione psichiatrica e fisioterapista. Il trattamen­to può essere effettuato, a seconda delle diverse fasi e gravità della malattia, in setting diversi: ambulatorio, day hospital, reparto ospedaliero, centri di cura specia­listici. L’impegno e la costanza dei genitori nel seguire la terapia è un elemento imprescindibile per la riuscita della stessa.