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Digiunare fa bene alla salute?

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Marzo 2020 in Salute

La parola “digiuno” evoca classicamente spettri di fame, miseria, carestia, malattie e morte, mentre attuaImente l’inserimento nei regimi dietetici di cicli periodici di drastica restrizione del cibo viene proposto come un sistema a tutela della salute generale del corpo. A dare impulso alla “dieta mima-digiuno” le elaborazioni di uno scienziato Italiano, Valter Longo, direttore dell’Istituto sulla Longevità del Dipartimento di Gerontologia dell’Università del Sud California e direttore del programma di Oncologia e Longevità all’IFOM (Istituto di Oncologia Molecolare) di Milano. Secondo Longo, il digiuno programmato inciderebbe positivamente su salute e longevità grazie ai suoi effetti protettivi e rigenerativi su cellule e tessuti, mediati da una “purificazione” della popolazione cellulare attraverso produzione di cellule nuove ed eliminazione di quelle danneggiate: è come se si “resettasse” il corpo grazie a un momento di proficua “pausa” metabolica. Secondo una review americana pubblicata su New England Journal of Medicine 2019, i dati ottenuti sull’uomo e sugli animali consentono di inserire il digiuno intermittente, praticato con regolarità, quale parte integrante di uno stile di vita sano, in quanto capace di recare diversi benefici alla salute. Negli animali si è registrato un prolungamento dell’11% della durata della vita, un controllo dell’infiammazione, una riduzione di incidenza di malattie degenerative e cancro, un ringiovanimento del sistema immunitario con contrasto ai fenomeni di auto-immunità e immuno-depressione, un rallentamento della perdita di densità minerale ossea, un aumento del numero di cellule progenitrici e staminali in vari organi. Negli esseri umani, si sono trovate influenze positive sugli indicatori generali di salute come glicemia, trigliceridi e colesterolo, pressione sanguigna e frequenza cardiaca a riposo, miglioramenti della composizione corporea (rapporto massa magra/grassa), modificazioni dei fattori di rischio associati a obesità e diabete quali aumento della sensibilità all’insulina e riduzione della circonferenza vita, rallentamento dei processi di invecchiamento e patologici, oltre a possibile riduzione del rischio di cancro e malattie cardio-vascolari, diminuzione dei marcatori dell’infiammazione (come la proteina C reattiva), miglioramento di salute del cervello in termini di memoria e apprendimento, e infine aumento dell’aspettativa di vita di anche dieci anni.
Il meccanismo dei benefici delle diete del digiuno, benché non chiarito del tutto, va ricondotto agli effetti fisiologici della carenza di cibo sull’organismo. L’organismo umano è geneticamente programmato per far fronte al digiuno intermittente, dato che in natura non è disponibile accesso al cibo in ogni momento, per cui l’eccesso alimentare attuale ha comportato un apporto calorico sproporzionato che ha sbilanciato i sistemi omeostatici del corpo: il digiuno programmato potrebbe ristabilire i ritmi fisiologici del metabolismo. Durante il digiuno, si ha riduzione della secrezione di insulina (ormone anabolizzante, responsabile anche del deposito adiposo), incremento della produzione di adrenalina e noradrenalina, glucagone, testosterone, regolarizzazione della secrezione di GH e somatomedina: tutto ciò causa uno switch metabolico che accelera la combustione dei grassi e aumenta il dispendio energetico a riposo. Si normalizzano anche i livelli di grelina, ormone della fame, per cui i si abitua alla carenza di cibo.
Il digiuno stimolerebbe anche la produzione di una proteina chiamata BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor), protettiva delle cellule nervose. Inoltre, il digiuno attiva l’autofagocitosi, che rimuove le cellule danneggiate, favorendo la rigenerazione e il rinnovo cellulare. Dall’ossidazione dei grassi corporei vengono prodotti corpi chetonici, tra cui il beta-idrossibutirrato, metabolita che inibisce la risposta infiammatoria. Durante il digiuno vengono anche attivate le “sirtuine”, una famiglia di enzimi deputati alla riparazione del Dna, il cui danneggiamento è implicato nei meccanismi dell’invecchiamento. Il digiuno favorisce poi l’espressione di un gene che controlla l’enzima Pka, la cui riduzione innesca il processo di attivazione delle cellule staminali. Ci sarebbe infine una maggior secrezione della serotonina con effetti positivi sull’umore.
Il principio cardine delle diete del digiuno è creare una “finestra” di drastica riduzione calorica con durata tale da incidere sul bilancio calorico complessivo e sul metabolismo generale. Non si tratta quindi di una vera e propria dieta, ma di un programma alimentare che indica quando mangiare piuttosto che quanto, e dunque non comporta un calcolo rigido delle calorie, lasciando libertà nell’introduzione degli alimenti, benché di fatto questi regimi comportino una riduzione calorica complessiva del 34%-54% rispetto all’abituale.
Attenzione però a non considerare lo schema un semplice “salto” dei pasti, cosa controproducente per la salute. La classica dieta mima-digiuno di Longo prevede una restrizione dell’assunzione di alimenti per 5 giorni ad intervalli di 1 volta al mese o ogni 3-4 mesi, consigliando un consumo prevalente di proteine di origine vegetale e tra quelle animali privilegiando il pesce a carni e formaggi. Lo schema prevede che il primo giorno si assumano circa 1000 Kcal e nei quattro giorni successivi si scenda progressivamente.
Una variante di questo modello alimentare è lo schema 5:2, che prevede che per due giorni a settimana (non consecutivi) si riduca l’apporto calorico a un quarto di quello abituale, per un massimo di 500/600 calorie, mentre negli altri giorni si può mangiare tutto quello che si vuole. In pratica, nel corso della settimana si mangia liberamente 5 giorni e due si applica il semi-digiuno.
Attualmente sta trovando molti consensi il modello 16/8 o dieta del digiuno intermittente o dieta a restrizione temporale, in cui si suddivide la giornata in due parti: 8 ore in cui si concentrano i pasti e 16 di digiuno. Praticamente, è una enfatizzazione del periodo di digiuno notturno con 3 pasti giornalieri consumati in 8 ore e una finestra di digiuno pari a 16 ore. Si può scegliere la fascia oraria in cui astenersi dal cibo in base alle proprie esigenze, stile di vita e tipo di lavoro: o prolungare il digiuno notturno fino alle 12 e mangiare dalle 12 alle 20, o fare un primo pasto alle 7, appena alzati, con una fonte proteica, carboidrati a medio-basso indice glicemico e pochi grassi, un secondo pasto leggero a metà mattina e finire la giornata intorno alle 15 con un terzo, che è poi il pranzo completo, e finestra di digiuno dalle 15 fino alla mattina seguente. Nelle 16 ore dopo l’ultimo pasto e prima del primo della giornata, non si può assumere neanche il più piccolo spuntino escluso acqua o bevande come caffè e tè senza zucchero. All’interno delle 8 ore è prevista una libera scelta di alimenti, cercando di privilegiare pasti bilanciati e cibo sano come cereali integrali, frutta, verdure, legumi, olio extra vergine di oliva, proteine ad alto valore biologico, senza eccedere con carboidrati e grassi.
Il metodo viene proposto in associazione all’allenamento fisico per potenziare la riduzione del grasso corporeo. In tal caso, va pianificato l’allenamento prima del pasto più abbondante del giorno. Uno studio americano pubblicato su Gastroenterol Res Pract 2017 ha confermato l’efficacia dell’approccio dietetico basato su 16 ore di digiuno e 8 ore di alimentazione senza restrizioni nel ridurre peso e pressione arteriosa nei pazienti obesi. Tutti i regimi basati sul digiuno richiedono comunque controllo medico e sono da evitare prima dei 18 anni e dopo i 65, in gravidanza, in persone sottopeso, con diabete mellito, disturbi del comportamento alimentare, malattie cardiovascolari, malassorbimento intestinale, insufficienza epatica e renale, cancro.
A ben pensarci, la prescrizione di cicliche astensioni dal cibo è riconosciuta come pratica di valore sin dall’antichità, al punto che periodi di astinenza dal cibo rientrano nelle indicazioni delle principali religioni monoteiste. Il Corano impone ai musulmani di digiunare durante il mese Sacro, in cui ha avuto inizio la Rivelazione, dall’alba fino all’imbrunire (Ramadan), mentre la fede cristiana suggerisce, durante i quaranta giorni della Quaresima, di consumare pasti frugali durante la giornata rinunciando alle carni e ai dolci. Entrambi questi periodi di penitenza si concludono con un giorno di festa e abbondanza di cibo: il Ramadan con l’Eid el-Fitr, la Quaresima con la Pasqua di Resurrezione. Nell’altra grande religione monoteistica, gli Ebrei praticano lo Yom Kippur, il Giorno dell’Espiazione, che ricade dieci giorni dopo il Capodanno Ebraico, in cui digiunano completamente dal tramonto alla notte seguente. Studi sull’effetto del digiuno da alba a tramonto del Ramadan hanno trovato miglioramenti dell’indice di massa corporea, dei profili lipidici sierici e dei parametri di stress ossidativo (aumento del glutatione nel sangue e riduzione dei livelli sierici di malondialdeide), riduzione dell’infiammazione (diminuiscono ad esempio IL-6 e PCR), miglioramento della pressione sanguigna negli ipertesi e della glicemia a digiuno in pazienti diabetici. Il digiuno controllato (sempre sotto la guida di un esperto) sembra insomma davvero un modo semplice ed economico per migliorare la propria salute.