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Giornata mondiale delle Bambine 2018

Autore: Dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Novembre 2018 in Attualità

L'11 ottobre è ricorsa la settima edizione della Giornata Mondiale delle bambine e delle ragazze, istituita dalle Nazioni Unite nel 2011 al fine di sensibilizzare governi e opinione pubblica sui diritti negati delle bambine e sulla necessità di raggiungere la parità di genere promuovendone l’emancipazione, obiettivo che rappresenta nell’Agenda ONU degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2015-2030 il Quinto Obiettivo. Secondo l’ONU, nel mondo vi sono 1,1 miliardi di bambine e adolescenti, molte delle quali sottoposte ancor oggi a disuguaglianze, svantaggi e discriminazioni rispetto ai loro coetanei maschi, che le costringe a vivere e conservare un ruolo di marginalizzazione, e a maggior rischio di abusi e violenze. Tutto ciò rappresenta una grave violazione dei diritti umani fondamentali e merita un’attenzione specifica con politiche e programmi mirati e interventi su famiglie, comunità e società intera. Investire sulle bambine significa permettere loro di sviluppare appieno il proprio potenziale per lo sviluppo dell’umanità. L’associazione internazionale non governativa Terre des Hommes sostiene da anni la campagna “Indifesa” a favore dei diritti delle bambine. Anche quest'anno ha lanciato l’11 ottobre la #OrangeRevolution: in Italia, oltre cento Comuni italiani hanno aderito al Manifesto per una città a misura delle bambine, impegnandosi a orientare le politiche di loro competenza in azioni concrete ed efficaci, ed esponendo uno striscione arancione, colore scelto per rompere gli stereotipi che impongono il rosa come il colore delle bambine. Proteggere le bambine significa eliminare violenza di genere da parte degli adulti e dei pari, matrimoni precoci, gravidanze indesiderate, mutilazioni genitali, esclusione dall’istruzione, povertà, pressioni sociali. La violenza subita dai piccoli può comportare danno dello sviluppo psico-motorio, delle capacità empatiche, delle competenze cognitive e delle abilità linguistiche, insufficienza scolastica e di apprendimento, difficoltà relazionali, sintomi psico-somatici come cefalea e dolori addominali ricorrenti, disturbi alimentari e del sonno, comportamenti aggressivi. Nel futuro, aumenta il rischio di ansia, attacchi di panico, depressione, comportamenti autolesivi fino al suicidio, disturbo post-traumatico da stress, psicosi, anoressia e bulimia, abuso di fumo, alcol e droghe, comportamenti criminali, deficit della crescita, obesità, malattie cardiache, diabete, malattie autoimmuni, tumori e mortalità precoce. Le bambine subiscono violenza dagli adulti in proporzione maggiore dei maschi. Secondo l’OMS, circa 155.000 bambini sotto i 15 anni muoiono ogni anno nel mondo a seguito di abusi e/o violenze. Non solo nel Terzo Mondo: nei Paesi sviluppati, ogni anno 1 bambino su 10 è vittima di maltrattamenti e violenze e circa 850 bambini di età compresa tra 0 e 15 anni muoiono ogni anno in Europa per maltrattamento. In Italia, secondo il rapporto del dossier Indifesa, nel 2016 5.383 minori in Italia sono stati vittime di reati, circa 15 al giorno, +6% rispetto al 2015, e più di 2 bambini ogni giorno sono stati vittime di violenza sessuale (oltre 950 minori in un anno). Sono state di sesso femminile il 58% di tutti i minori sottoposti a violenza, l’83% delle vittime di violenze sessuali, l’82% dei minori entrati nel giro della produzione di materiale pornografico, il 78% delle vittime di corruzione di minorenne, ovvero bambine al di sotto dei 14 anni forzate ad assistere ad atti sessuali. Per quanto attiene alla violenza domestica, nel 2016 sono stati ben 1.618 i minori vittime di maltrattamento in famiglia, per il 51% femmine, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente. Rientrano nella violenza sui minori, e sulle bambine, anche il loro coinvolgimento nelle guerre (nel mondo sono circa 100.000 le bambine soldato), o nelle tratte umane (tra i 2,4 milioni di persone vittime di tratta, le bambine rappresentano il 20%), o l’attacco della criminalità. La violenza di genere può essere esercitata tra pari, come il bullismo: insieme di comportamenti di prepotenza, prevaricazione, oppressione, vessazione, ripetuti nel corso del tempo, attuati da una o più persone (i bulli) nei confronti di un unico individuo, più debole, o percepito come tale (la vittima), con le tre caratteristiche di: intenzionalità (il comportamento aggressivo è compiuto deliberatamente, volontariamente e consapevolmente, al fine di arrecare danno alla vittima o provare divertimento dal suo disagio), persistenza nel tempo (la condotta è sistematica e reiterata nel tempo, fino a divenire persecutoria), asimmetria nella relazione (squilibrio di forza e potere, tra chi compie l’azione, che è in una posizione preminente, per età, forza fisica, genere o potere psicologico, spesso grazie anche al supporto del gruppo, e chi la subisce, che è in una posizione di inferiorità che lo fa sentire isolato, impotente, impaurito). I protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, che condividono lo stesso contesto, tipicamente la scuola, oltre che luogo di apprendimento terreno privilegiato di relazione tra pari e costruzione della propria identità sociale. Secondo i dati ISTAT, nel 2014, più del 50% degli 11/17enni è stata vittima di una qualche forma di bullismo. Il bullismo può essere: fisico (prevalentemente praticato dai maschi a danno sia di maschi che femmine), verbale (praticato da maschi o femmine contro entrambi i sessi), o indiretto, cioè realizzato alle spalle della vittima (maggiormente effettuato da ragazze su vittime dello stesso sesso). I bulli sono prevalentemente maschi, ma aumentano anche le femmine; le vittime più spesso femmine. Il bullo maschio agisce più spesso per affermare la propria forza e superiorità fisica, guadagnare potere, ammirazione e attenzione, la femmina per gelosia o invidia. Nuova fontiera del bullismo è il “cyberbullismo” ossia l’attacco della vittima tramite forme di contatto elettronico. In Italia, il 10-15% dei ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni è stato vittima di bullismo online. Peculiarità sono: anonimato del molestatore (i cyberbulli utilizzano piattaforme e siti come ask, tumblr dove possono contare sull’anonimato, profili falsi sui social, nickname nelle chat); difficile reperibilità (ma in realtà, ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce che non potranno essere cancellate rendendo l’autore, anche se non facilmente, rintracciabile e sanzionabile); indebolimento delle remore etiche (perché manca il feed back del contatto umano tra bullo e vittima); assenza di limiti spaziotemporali. Il 29 maggio 2017 è stata definitivamente approvata dalla Camera la Legge Nazionale che introduce disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo, dedicata a Carolina Picchio, la ragazza vittima dei cyberbulli che si tolse la vita a 14 anni, il cui padre è stato tra i promotori della legge. Sono violenze tra coetanei anche quelle sessuali: i dati del Ministero della Giustizia segnalano in carico dei Servizi sociali ben 817 minori di sesso maschile condannati per violenze sessuali sulle coetanee. Un tipo di violenza sessuale di tipo virtuale si può considerare la diffusione on line di materiale pedo-pornografico della ragazza. Questo accade in seguito all’abitudine del “Sexting”, praticato in Italia da un adolescente su 4: inviare proprie foto e video a contenuto sessuale su WhatsApp o i social network. Il problema è che quelle immagini vanno comunque in rete, dove possono essere carpite da malintenzionati e diffuse indebitamente. Matrimoni precoci: secondo il rapporto “Indifesa”, ogni due secondi una bambina o ragazza con meno di 18 anni diventa una sposa bambina: sono 15 milioni le ragazze tra i 10 e i 18 anni che ogni anno si sposano, per lo più costrette, e solitamente con uomini anche molto più grandi. Le spose bambine nel mondo sono un fenomeno collegato soprattutto a povertà, ignoranza, sopraffazione, in realtà socialmente a rischio. Le ripercussioni per le adolescenti coinvolte sono che i percorsi scolastici vengono interrotti e la crescita personale compromessa. Gravidanze precoci: nel 2016 sono state registrate 21 milioni di gravidanze nel mondo da ragazze tra i 15 e i 19 anni. Secondo l’Istat, in Italia ci sono oltre 10.000 "mamme teenager", di cui l’82% italiane e il 71% residenti al Sud. Sono più a rischio di gravidanza precoce ragazze con bassa estrazione socio-economica, disgregazione familiare, risultati scolastici scadenti. Di regola, si tratta di gravidanze non programmate: un evento che si frappone in maniera violenta tra la ragazza e le sue aspettative e progetti di vita. I problemi per una madre minorenne includono abbandono degli studi, perdita di relazioni con i coetanei, difficoltà di inserimento sociale e lavorativo con disoccupazione e indigenza, interruzione del processo di autonomia ed emancipazione dalla famiglia di origine. Esiste poi un maggior rischio di complicazioni della gravidanza data l’immaturità biologica della ragazza, che causano ogni anno circa 70.000 morti, soprattutto nel Terzo mondo. Bassa istruzione: le bambine, ricorda Indifesa, rappresentano il 60% di tutta la popolazione infantile che non ha accesso all'istruzione. L’istruzione è la più potente arma per contrastare le diseguaglianze. Crescere con consapevolezza di sé e del mondo che la circonda consentirà alla futura donna di affermare la propria voce nella società. Quando pensiamo ai diritti all’istruzione negata non guardiamo solo ai Paesi del Terzo mondo. L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto tasso di dispersione scolastica: abbandonano la scuola prima del tempo il 17,6% degli alunni (la media Ue è del 12,7%). Molti dispersi finiscono per rientrare nella categoria dei Neet, Not (engaged) in education, employment or training: giovani che non lavorano e non studiano, che in Italia, secondo i dati Istat, rappresentano circa il 24% dei giovani tra i 15 e i 29 anni, mentre la media europea è 15,9%. Le bambine stanno sempre un po' peggio dei coetanei maschi, perché le famiglie socialmente meno evolute su di loro investono più per le occupazioni domestiche e familiari. Povertà: della povertà risentono in genere più le bambine, fisicamente più deboli e considerate di minor valore del maschio in antiche culture mai sepolte. I dati Istat del 2016 stimano siano 1 milione e 619.000 le famiglie residenti in Italia in condizione di povertà assoluta, composte da 4 milioni e 742.000 individui e 1 milione e 292.000 minori. Esistono disuguaglianze profonde tra Nord e Sud, con incidenza di povertà assoluta del 4,1% al Nord, 4,7 per cento al Centro, e 8,8 per cento nel Mezzogiorno. Tra le Regioni del Sud, la Campania ha l’incidenza di povertà più elevata. Vivere sotto la soglia di povertà per un bambino significa avere meno opportunità educative, minor sicurezza sociale, sanitaria e relazionale, utilizzare i servizi sanitari ospedalieri e di emergenza piuttosto che quelli primari e preventivi, andare più facilmente incontro ad uso di sostanze, fumo, alcool, uso di cibo non sano, mancanza di esercizio fisico, obesità, comportamenti a rischio per incidenti, malattie e ricoveri (il tasso di ospedalizzazione infantile nella città di Napoli è tra i più alti d’Italia), e, da adulti, avere una maggiore frequenza di malattie cardiovascolari, e una maggiore mortalità evitabile per tutte le cause. Il problema della povertà e del disagio sociale riguarda ancor di più i bambini extra-comunitari, costantemente in crescita anche in Italia. Soprattutto a rischio le migliaia di minori stranieri che giungono nel nostro Paese soli, senza alcun adulto di riferimento al loro fianco, un elevato numero dei quali si rendono irreperibili sul territorio italiano, diventando i cosiddetti “bambini invisibili”. Nei lunghi viaggi per raggiungere l’Europa, poche sono le donne e le ragazze che non abbiano subito abusi sessuali e molte finiscono nel giro della tratta e della prostituzione. Mutilazioni genitali: dal 20 dicembre 2012 l’ONU ha dichiarato la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili in quanto lesive dei diritti alla salute, all’integrità fisica, al benessere, all’autodeterminazione, alla dignità e al futuro delle bambine, che sono costrette all’analfabetismo, al ruolo subalterno all’uomo, a matrimoni e di gravidanze precoci. Il 6 febbraio si tiene la Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili. Nel mondo, secondo i dati dell’OMS, sono 200 milioni le bambine e le ragazze che le hanno subite, il 90% in Africa. Dei 28 Stati dove sono praticate, 19 hanno leggi federali che le vietano, ma le legislazioni da sole non bastano, la sfida è cambiare la cultura. In Europa, secondo il Parlamento Europeo, sono 500mila le donne che convivono con le mutilazioni genitali, in Italia tra le 61mila e le 80mila, nonostante una legge del 2006 le vieti. In molte tribù tale pratica viene fortemente sostenuta in quanto rappresenta formalmente il passaggio alla maturità delle ragazze. Amref Health Africa propone da oltre 60 anni i Riti di Passaggio Alternativi che in Kenya e Tanzania hanno già salvato migliaia di ragazze. Infine, “la pressione dello specchio”: l’ideale di bellezza dominante la cultura odierna e sostenuto dai media influenza negativamente le bambine sin dai primi anni di vita, spingendole presto a pensare al proprio corpo, a imporsi limitazioni alimentari, a trovarsi difetti fisici. Ciò soprattutto nelle adolescenti, fase della vita in cui l’iperinvestimento narcisistico sul corpo, nel tentativo di costruire la propria identità sull’immagine esteriore, può portare alla spasmodica ricerca di un ideale di perfezione estetica, quale garanzia di accettazione da parte degli altri che le aiuti a superare il senso di inadeguatezza fisica e la bassa autostima. La “dismorfofobia” è un disturbo dello spettro ossessivo-compulsivo che ha come caratteristica la focalizzazione mentale sull’apparenza fisica: uno o più difetti nell’aspetto fisico, totalmente immaginari, oppure, se presenti, di grado di gran lunga inferiore alla preoccupazione che provocano, generano pensieri fissi e ossessivi di disagio ed inadeguatezza. Molto più comuni i disturbi del comportamento alimentare (Anoressia Nervosa, Bulimia, e Disturbo da Alimentazione Incontrollata), che si esprimono attraverso condotte alimentari alterate, azione di controllo della funzione alimentare e del peso corporeo, disturbi dell’immagine corporea, dell’autostima, del pensiero e dell’affettività. Sono in continuo aumento, e solo in Italia attualmente interessano circa 3 milioni di persone, di cui il 95,9% sono donne, con incidenza maggiore tra i 15 e i 19 anni, anche se di recente si segnala un aumento dei casi a esordio precoce: l’incidenza nella fascia dagli 8 ai 14 anni è salita dal 5% al 20% dei casi.
Anche Sorrento ha aderito alla Giornata con una Tavolo di Lavoro organizzato da Fidapa BPW Italy sezione Penisola Sorrentina in collaborazione con l’Assessorato Pari Opportunità presso l’Istituto Comprensivo Torquato Tasso, con interventi dell’assessore Rachele Palomba, il dirigente scolastico Marianna Cappiello, la presidente Commissione Pari Opportunità Carla Agrillo, la presidente Fidapa Penisola sorrentina Maria Giovanna Maglio, la psicoterapeuta Rosalia Maresca e il pediatra Carlo Alfaro, moderati dal giornalista Gigione Maresca.