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La Fiction Italiana: Mancanza di idee, di attori o di budget?

Pubblicato Dicembre 2017 in Attualità

Parlare di decadenza del cinema italiano è una consuetudine ormai conclamata, ma il ramo delle produzioni di fiction neanche se la pas­sa tanto bene.... A conti fatti le motivazioni per cui ritengo (e non sono il solo) che la fiction italiana stia vivendo un vero e proprio periodo di crisi (è cattivo dire o pensare che non è mai propriamente decolla­ta?) sono diverse:
La prima caratteristica evidente della fiction nostrana è l’assoluta mancanza (o quasi) di voglia di rischiare e provare a mettersi in gioco; Tutte le altre serie italiane che sono state fatte negli ultimi anni sulla RAI sono molto spesso in costume o ri­guardano personaggi storici: molto più semplice tra­sporre una storia già scritta piuttosto che inventarne una da zero. A Mediaset invece si cerca di fare serie che abbiano più azione ma, ar­rivati alla quin­dicesima stagione di una serie interminabile, lo spettatore inevitabilmente si accorge che le idee sono ormai le stesse. Poi il nulla. Non si trat­ta solo di cambiare inevitabilmente attori, è pro­prio che la storia fa acqua da tutte le parti, forse la voglia di mettere a tutti i costi una trama oriz­zontale sta fortemente penalizzando le serie. E dopo aver parlato del filone “forze dell’ordine” e di quello “storico”, perché non menzionare le serie scritte e girate strizzando l’occhio all’italiano medio con tanto di buonismi retorici vari e famigliole felici. O peggio ancora i drammi fintissimi da telenovelas… In Italia non si rischia e difficilmente si vedranno mai storie come “Orange is the new black”.
Sfortunatamente il fatto che troppo spesso i protagonisti delle fiction italiane siano per­sonaggi famosi (non necessariamente atto­ri), magari riciclati da qualche reality, non può che influenzare negativamente la recitazione e quindi la resa della fiction stessa, oppure solo immagine di se stessi per le ragazzine innamorate e non per cultura e recitazio­ne impegnata.
I punti interrogativi sono d’obbli­go. Questa è la scusa tipica che tira­no fuori gli addetti ai lavori quando si tenta di fare un paragone tra la fiction nostrana e i prodotti tele­visivi d’oltreoceano: il tutto alla fine ruota intorno all’originalità della storia, prima che ai mezzi di trasposizione. Ma se voglia­mo fare paragoni con serie di qualità non dobbiamo neanche per forza andare oltreoceano, basta vedere quello che fanno in Inghil­terra. E la BBC è forse uno dei network più simili alla RAI, sia per come è organizzata che per i budget; e anche i numeri di episodi a stagione sono inferiori rispetto a quelli americani. Eppure di serie inglesi di qualità ce ne sono a bizzeffe. Come mai?
Uno dei più grandi problemi della TV italiana, perché per parlare di fiction è inevitabile parla­re anche di reti televisive, è la mancanza di com­petitività. Nonostante adesso esista il digitale terrestre e una varietà maggior di canali, quel­li che la fanno da padrone sono i soliti 8: RAI1, RAI2, RAI3, Rete4, Canale5, Italia1, LA7 e MTV. Se già di per sè la competitività è minima perché ci sono solo due grandi network (RAI e Mediaset). Non è un caso che le migliori serie italiane come Go­morra, Romanzo Criminale o The Young Pope arrivi­no da Sky. Fatte senza dover rendere conto a nes­suno, sono impostate all’americana sia per quanto riguarda le storie, ma soprattutto per quanto riguar­da il livello di cast tecnico.
Il melodramma e la satira sono generi che sono nati nel nostro paese e che hanno anche una ra­gione d’essere e una storia autonoma, peccato che monopolizzino le produzioni per il gradimento che hanno sul pubblico. L’assurdo è che l’Italia ha una tradizione cinematografica invidiabile su tanti fronti: i kolossal, il cinema realista, il cinema di protesta, il western, l’horror anni 70-80. In questo senso siamo probabilmente il secondo paese dopo gli USA per tradizione cinematografica, considerando l’ampissi­ma gamma di scuole che abbiamo fondato. Non è perciò un problema di contenuti ma piuttosto di ap­piattimenti stilistici e attori mediocri. Tanto è vero che i pochi registi con una cifra stilistica diversa, del­la commedia generazionale di Muccino o il dramma espressivo di Sorrentino, fanno fortuna anche all’e­stero.
Perdonate l’ardire, ma di mazzi di 3 rose appassi­te e di preti/investigatori ci siamo un pochino stan­cati.
A bientot