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Curarsi con i probiotici

Autore: a cura del dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Febbraio 2021 in Salute

Con l’aumentare delle conoscenze sul ruolo del microbiota intestinale nella salute umana, è cresciuto anche l’interesse su come migliorarne la composizione e la funzionalità ai fini della prevenzione e della terapia delle malattie. Gli approcci farmacologici contemplano la somministrazione di probiotici, prebiotici, sinbiotici, farmacobiotici, o il trapianto del microbiota fecale.
I probiotici sono definiti come microrganismi vivi e vitali al momento dell’uso, il cui consumo in adeguata quantità come parte di un alimento o di un integratore rechi un beneficio per la salute o il benessere dell’individuo. Per essere considerati probiotici, i microrganismi devono soddisfare alcuni requisiti essenziali, stabiliti dalla position paper della Società Europea di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN): essere normali componenti della microflora umana in condizioni di salute; essere presenti in un quantitativo sufficiente nel prodotto finito; essere “prodotti vivi”, cioè presentare, per tutto il periodo dalla produzione al consumo, un elevato numero di microrganismi vivi e biologicamente attivi; essere attivi e vitali alle condizioni ambientali presenti nel tratto gastro-intestinale, in modo da resistere ai succhi gastrici e agli acidi biliari, ed essere in grado di colonizzare l’intestino, persistere e moltiplicarsi attivamente; mantenere in vivo gli effetti benefici osservati in studi di efficacia; essere assolutamente sicuri per l’impiego nell’uomo senza causare effetti collaterali, anche in pazienti debilitati o immunocompromessi, in accordo con quanto stabilito dalla European Food Safety Authority (l’EFSA pubblica la lista delle specie batteriche qualificate presuntivamente come sicure, QPS); essere esenti da contaminazioni; non essere portatori di antibiotico-resistenze acquisite e/o trasmissibili.
Le specie microbiche probiotiche comunemente utilizzate nei prodotti attualmente in commercio includono: Bifidobatteri (bifidum, lactis); Batteri lattici (LAB, Lactic Acid Bacteria), per la maggior parte rappresentati dai Lactobacilli (acidophilus, bulgaricus, rhamnosus, GG, reuteri, plantarum); Streptococcus thermophilus (lactis); il lievito Saccharomyces boulardii.
Secondo le linee guida del Ministero della Salute, il quantitativo minimo sufficiente per poter garantire la colonizzazione dell’intestino da parte di un ceppo microbico è di almeno 1 miliardo di batteri (o lieviti) vivi per grammo di prodotto. La dose minima efficace a scopo terapeutico è riportata essere 10 miliardi di cfu (colonie-formanti-unità) al giorno, con un effetto dose-dipendente, cioè che aumenta al crescere della concentrazione.
Tuttavia, la garanzia di efficacia di un probiotico non dipende solo dalla numerosità dei fermenti lattici vivi che contiene, ma soprattutto dalla capacità colonizzante del ceppo utilizzato, e quindi dal suo tipo e caratteristiche. I probiotici possono essere forniti sottoforma di alimenti arricchiti o in preparazioni farmacologiche. La definizione “alimenti con probiotici” o “alimenti probiotici” designa prodotti alimentari (frequentemente lattiero-caseari) ai quali sono state aggiunte quantità sufficientemente elevate di microrganismi probiotici e quindi potenzialmente in grado di esercitare un’azione biologica. Gli integratori farmaceutici contenenti probiotici sono disponibili in diverse formulazioni come compresse, capsule, polveri, bustine e gocce, in cui i batteri sono sottoposti a diverse tecniche di microincapsulazione per permettere ai ceppi probiotici di resistere agli acidi gastrici e biliari e di giungere integri e vitali nel colon. La colonizzazione intestinale da parte dei probiotici ha sempre carattere temporaneo e termina alcuni giorni dopo la sospensione della loro assunzione.
I prebiotici sono definiti come sostanze di origine alimentare non digeribili che, assunte in quantità adeguata, possono promuovere selettivamente la crescita e/o l’attività di uno o più ceppi batterici del colon con effetti benefici sulla salute, già presenti nel tratto intestinale o assunti contestualmente al prebiotico. Sono ad esempio prebiotici gli Oligosaccaridi presenti nel latte materno e supplementati nei latti per l’infanzia, che si ipotizza possano agire da “trappole molecolari” contro i microbi patogeni per non farli aderire alle cellule epiteliali intestinali, oltre a incrementare la quota di bifidobatteri e lattobacilli nel microbiota intestinale. Hanno attività prebiotica anche gli alimenti ricchi di fibra solubile, come frutta e verdura, e le spezie ad alto tenore di oli essenziali, come rosmarino, basilico, salvia e zenzero.
I sinbiotici sono prodotti che associano assieme probiotici e prebiotici che favoriscono la sopravvivenza e moltiplicazione dei primi.
Per farmacobiotico si intende qualsiasi materiale biologico con potenziali benefici per la salute possa essere estratto dal microbiota e dalle interazioni ospite-microbo-dieta nell’intestino, comprendono un insieme ampio di sostanze, quali microbi vivi e morti, componenti microbici, sostanze prodotte dai microbi, molecole e DNA batterico.
Nessun tipo di prodotto contenente probiotici, prebiotici o loro derivati è stato approvato dalla Food and Drug Administration americana come cura per malattie dell’uomo, ma solo come integratori atti a favorire l’equilibrio della flora batterica intestinale. Tuttavia, molte sono le condizioni cliniche in cui l’intervento sul microbiota intestinale ha mostrato effetti benefici.
Nella diarrea acuta infettiva, soprattutto se di origine virale (es. Rotavirus) e in età pediatrica, numerosi studi hanno dimostrato una significativa efficacia della somministrazione di un’alta carica di selezionati ceppi di probiotici (come il Lactobacillus GG) su durata e gravità dei sintomi. Più controversa l’efficacia nel caso della “diarrea del viaggiatore”. Nel caso della diarrea da antibiotici, i probiotici si sono dimostrati utili sia nella prevenzione che nella cura.
Nell’intolleranza al lattosio, i batteri lattici, che scindono il lattosio in glucosio e galattosio producendo acido lattico, possono favorire la digestione del latte (è il motivo per cui chi è intollerante al lattosio tollera lo yougurt).
Nella sindrome dell’intestino irritabile, diversi studi documentano che i probiotici possano migliorare la presenza di sintomi quali distensione/gonfiore addominale, dolore addominale, stipsi, diarrea. L’assunzione di lattobacilli, in aggiunta alle terapie standard nei soggetti con stipsi cronica, determina un miglioramento della frequenza di defecazione, della quantità e dello stato delle feci. Anche nelle coliche dei lattanti, nell’ipotesi fossero legate a una disbiosi intestinale, la somministrazione di probiotici del genere Lactobacillus e Bifidobacterium è stata tentata con successo in alcune linee di ricerca. In particolare, un lavoro della Clinica Pediatrica dell’Università Federico II di Napoli pubblicato su Alimentary Pharmacology & Therapeutics 2019 ha studiato l’integrazione con il probiotico Bifidobacterium animalis subsp.lactis BB-12 (BB-12) in 80 lattanti sani, alimentati esclusivamente al seno, con coliche infantili, rispetto al placebo, per 28 giorni: il tasso di neonati con riduzione di almeno il 50% della durata media giornaliera del pianto è risultato significativamente più alto nel gruppo trattato con BB-12, dalla fine della seconda settimana (80% dei bambini trattati vs 32% dei controlli) con effetti benefici sulla durata del sonno e sulla frequenza e consistenza delle feci, e maggior contenuto nelle feci di butirrato, un acido grasso a catena corta prodotto dai batteri intestinali con numerosi effetti benefici per la salute.
Nell’infezione da Helicobacter pylori, diversi studi suggeriscono che la supplementazione con probiotici potrebbe migliorare i tassi di eradicazione della terapia e ridurne gli effetti collaterali, come stomatite e costipazione.
Alcune ricerche suggeriscono che i probiotici possano prevenire le ricadute di Malattie infiammatorie croniche intestinali.
Una linea di studio molto promettente riguarda la possibilità dei probiotici di influenzare positivamente la funzione immunitaria. Infatti, oltre a proteggere da specie patogene tramite inibizione della loro crescita per competizione, alcune evidenze suggeriscono che i probiotici possano aumentare il numero di fagociti, linfociti B (che producono immunoglobuline), T e NK (Natural Killer). Alcuni studi clinici hanno suggerito che il regolare consumo di probiotici possa diminuire l’incidenza di infezioni respiratorie nei bambini. Tuttavia, le potenzialità terapeutiche, in termini di stimolazione del sistema immunitario, non sono solo specie-specifiche, ma addirittura ceppo-specifiche, e quanto rilevato per un determinato probiotico non può essere esteso ad altri.
Una metanalisi suggerisce che l’uso dei probiotici possa anche ridurre le infezioni dopo chirurgia addominale. Diversi studi in vitro hanno mostrato il potenziale dei probiotici nel migliorare o prevenire le infezioni del tratto urinario e le vaginosi batteriche. Ancora dubbia invece l’efficacia dei probiotici nella prevenzione delle malattie allergiche, anche se alcuni studi ne promuovono l’uso in gravidanza e allattamento per prevenire lo sviluppo di forme di allergia in bambini ad alto rischio di atopia.
Riguardo all’obesità, poiché le evidenze suggeriscono che esiste una differenza nella composizione del microbiota intestinale tra obesi e soggetti normopeso, la manipolazione della flora intestinale potrebbe essere un mezzo promettente per la gestione del peso dei pazienti con sovrappeso. Uno studio italiano condotto presso l’Università del Piemonte orientale ha documentato che aggiungendo i probiotici Bifidobacterium breve BR03 e Bifidobacterium breve B632 alla dieta di 100 bambini e adolescenti obesi si è avuto un miglioramento del dimagramento, della riduzione del girovita e della resistenza all’insulina, rispetto al gruppo placebo.
Studi preliminari hanno trovato anche un effetto protettivo di alcuni batteri probiotici nei confronti del tumore del colon, dell’ipercolesterolemia, dell’ipertensione. Un capitolo di grande interesse è la possibilità che l’assunzione di batteri intestinali possa prevenire o migliorare disturbi neurologici o psichiatrici quali ansia, depressione, psicosi, disturbi dello spettro autistico, disturbi del sonno, morbo di Parkinson, aprendo nuove opportunità terapeutiche da integrare con le cure attualmente disponibili. In studi sperimentali, alcuni probiotici potrebbero avere una particolare propensione a favore del tessuto nervoso (“psicobiotici”), riducendo l’infiammazione sistemica o producendo metaboliti benefici come gli acidi grassi a catena corta o il triptofano che è un precursore della serotonina.
Per concludere, sebbene intensivamente utilizzati, le indicazioni terapeutiche, il meccanismo di azione, il dosaggio ottimale, le modalità (intese come veicolo e frequenza di somministrazione) e la durata del trattamento con probiotici non sono stati ancora completamente stabiliti. Inoltre la grande maggioranza dei probiotici, risultando registrati come supplementi nutrizionali e non come farmaci, sono sottoposti a un minor controllo di qualità, con possibile discrepanza tra quanto dichiarato e quanto realmente presente nel prodotto in commercio. Durante la conservazione tutti i microrganismi probiotici possono subire una diminuzione nel numero di cellule vive in dipendenza di diversi fattori, quali, in particolare, le caratteristiche generali di specie e di ceppo, la temperatura di conservazione, il valore di pH dell’eccipiente, la durata della conservazione. Sarà anche da approfondire quali siano i probiotici più adatti da impiegare nelle diverse condizioni patologiche e nella pratica di prevenzione, dal momento che sono state evidenziate sostanziali differenze non solo tra le diverse specie appartenenti a uno stesso genere, ma anche per i singoli ceppi microbici all’interno di una stessa specie.
Infine, gli effetti collaterali. Sebbene i fermenti lattici siano classificati come “GRAS” (Generally Recognized as Safe) dalla FDA, alcuni casi di batteriemia, sepsi, endocardite, infezioni localizzate e fungemia, per lo più in pazienti immunodepressi, cardiopatici o portatori di catetere venoso centrale, sono stati riportati in soggetti in trattamento, per cui si raccomanda cautela nel somministrarli a pazienti con una barriera intestinale compromessa e immunodepressi.
Una pratica cui si guarda in futuro è il trapianto di microbiota intestinale, al momento ancora sperimentale ma molto promettente, ad esempio nei casi di infezione da Clostridium Difficile ricorrente e refrattaria, diarrea intrattabile da farmaci anti-tumorali, malattie infiammatorie croniche intestinali. Si prospetta la possibilità di creare una “Banca del microbiota umano” cui accedere per i trapianti di questo tipo.