Ingoiare…che fatica!
Ingoiare è un’azione automatica! Beviamo, mangiamo o semplicemente deglutiamo la saliva senza neppure pensarci. Si tratta, in realtà, di un processo complesso e sofisticato, definito come “l’abilità di convogliare sostanze solide, liquide, gassose o miste dall’esterno allo stomaco”. (O. Schindler).
L’intero atto della deglutizione è suddiviso in fasi, alcune volontarie ed altre riflesse.
La prima fase, PREPARAZIONE EXTRAORALE, consiste nella operazioni necessarie a rendere commestibile l’alimento (lavaggio, cottura, etc) fino alla sua presentazione a tavola.
L’aspetto gradevole degli alimenti può aiutare a renderli più succulenti e determinare un aumento della salivazione (l’acquolina in bocca).
La seconda fase, volontaria come la precedente, è la cosiddetta PREPARAZIONE ORALE ed è costituita dalla masticazione: l’alimento, sminuzzato con i denti e inumidito dalla saliva, diventa una massa soffice ed omogenea (il bolo), pronta per essere ingoiata.
Si passa quindi alla FASE ORALE: il bolo, spinto verso la parte posteriore della bocca, innesca un meccanismo riflesso di deglutizione, tra cui il movimento del palato molle (che si solleva per separare la cavità nasale da quella orale ed evitare il reflusso di alimenti attraverso il naso).
Superato lo stadio orale, il bolo si impegna nella FASE FARINGEA: oltrepassa l’incrocio tra vie aeree e respiratorie ed entra in faringe.
Segue la quinta fase, STADIO ESOFAGEO: il bolo arriva in esofago e viene spinto verso lo stomaco.
La sesta ed ultima fase della deglutizione è la FASE GASTRICA: il bolo raggiunge finalmente lo stomaco.
L’alterazione di una o più fasi della deglutizione è definita DISFAGIA, sintomo isolato o più frequentemente parte di quadri patologici gravi, spesso di natura neurologica.
Può manifestarsi con segni diretti e/o indiretti:
dolore, fastidio o tosse durante l’atto della deglutizione
deglutizioni ripetute e aumento considerevole del tempo impiegato per consumare i pasti
necessità di schiarirsi la voce
dimagrimento improvviso
infezioni ripetute delle vie aeree.
Può raggiungere diversi livelli di severità ed in relazione a questi, il trattamento logopedico può avere prognosi più o meno benigna. In quadri patologici complessi, come ad esempio in alcune neuropatie degenerative, il trattamento può essere teso solo a fornire strategie facilitanti, posturali ed alimentari.
La pianificazione della dieta del disfagico è fondamentale e richiede un’attenta valutazione di diversi aspetti:
la sicurezza del paziente innanzitutto e quindi la limitazione del rischio durante la deglutizione. La disfagia, infatti, è frequentemente causa di soffocamento o bronchiti e broncopolmoniti da ab ingestis, che possono portare alla morte del paziente
le necessità nutrizionali, in termini di apporto calorico ed idrico quotidiano
l’autonomia nell’alimentarsi, importantissimo fattore per l’autostima
le preferenze alimentari del soggetto, garanzia alla motivazione all’alimentazione e alla soddisfazione del gusto.
Per soddisfare tali esigenze è necessaria una stretta collaborazione tra tutti membri dell’equipe responsabile del trattamento e tra questi e la famiglia del paziente.
Le indicazioni dietetiche in ambito logopedico rispondono alle esigenze individuali del paziente, in rapporto ai seguenti criteri:
consistenza degli alimenti o liquidi senza scorie (acqua, tè) o liquidi con scorie (succo di frutta,yogurt) o semi-liquidi (gelati, creme, granite) o semi-solidi (polenta, budini, omogeneizzati di carne e pesce) o solidi (pasta, pesce, carne)
coesione: il cibo proposto al paziente deve rimane compatto durante il transito
viscosità: necessario ridurre al minimo l’attrito del bolo durante il passaggio nel canale alimentare; una maggiore quantità di lubrificanti (olio o burro sciolto) aumenta l’untuosità e quindi facilita il passaggio
omogeneità: gli alimenti proposti devono essere costituiti da particelle della stessa consistenza e dimensione. Sono da escludere piatti composti da diverse consistenze (come ad esempio la pastina in brodo)
volume del bolo, da valutare caso per caso
temperatura: sono da prediligere alimenti molto freddi o molto caldi, evitando quelli più vicini alla temperatura corporea
appetibilità: è necessario curare la presentazione e l’aspetto dei cibi e renderli quanto più invitanti possibile.
Il paziente disfagico (più frequentemente la sua famiglia) dovrà ricevere indicazioni circa le caratteristiche dei cibi, in relazione a criteri di sicurezza e facilitazione.
Il nutrizionista poi provvederà a formulare un programma dietetico idoneo a garantire il fabbisogno alimentare del paziente.
Dott.ssa Mariarosaria d’Esposito
Logopedista
Tel. 338.31.91.494
email: bettyroz@yahoo.it
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