Alimentazione bimbi:Nuove linee indirizzo del Ministero della Salute (seconda parte)
Nello scorso numero di dicembre abbiamo preso in considerazione alcuni indicazioni degli esperti nazionali di nutrizione infantile forniti alle regioni e alle altre Istituzioni interessate all’infanzia. Continuamo la disamina.
1) L’epoca di svezzamento ideale. Con il termine divezzamento (più propriamente “avvio dell’alimentazione complementare”) si intende il passaggio da un’alimentazione esclusivamente lattea ad un’alimentazione semi-solida e poi solida, caratterizzata dalla progressiva introduzione dei cosiddetti “alimenti complementari”, cioè alimenti diversi dal latte. L’indicazione del Ministero della Salute è l’attesa dei 6 mesi per l’inizio dello svezzamento, a meno che significative deflessioni, tra i 4 e i 6 mesi, della crescita del lattante valutata in riferimento alle “Growth Chart” dell’OMS, previa esclusione di una possibile patologia da parte del pediatra, consigli l’avvio anticipato dell’alimentazione complementare.
2) E’ importante allattare al seno durante il divezzamento. Proseguire il latte materno come componente “lattea” dell’alimentazione diversificata che inizia con il divezzamento offre benefici documentati dagli studi clinici, sia per il bambino, quali protezione contro le infezioni gastrointestinali e respiratorie, prevenzione della “morte in culla”, riduzione dell’incidenza di alcuni tumori pediatrici (in particolare linfomi e leucemie), riduzione del rischio futuro di obesità, diabete tipo 2, malattie cardiovascolari, effetto positivo sullo sviluppo neuro-cognitivo associato alla durata dell’allattamento al seno, sia per la madre, quale riduzione del rischio di cancro al seno e all’ovaio, di diabete mellito di tipo 2, osteoporosi e le sue complicanze.
3) Come introdurre gli alimenti durante il divezzamento. Non esistono modalità e menù definiti per iniziare il divezzamento: l’ordine con cui gli alimenti vengono introdotti nella fase dello svezzamento non riveste più l’importanza che un tempo veniva attribuita e può variare in base alla preferenza del bambino e alla cultura gastronomica della famiglia e del pediatra che fornisce i consigli. I cibi vanno offerti con il cucchiaino, senza forzare il bambino, consentendogli eventualmente di toccare cibo nel piatto e mangiare con le mani. Non si deve insistere se non gradisce qualche alimento, ma alternare cibi diversi per colore, sapore e consistenza. Il cibo inizialmente non accettato va però riproposto con pazienza in giornate successive, eventualmente preparato in modo diverso. E’ importante che il bambino mangi seduto con la schiena eretta (preferibilmente nel seggiolone) per evitare il rischio di soffocamento e per permettergli di partecipare attivamente al pasto. Al discorso dei cibi da utilizzare per lo svezzamento si collega il dibattuto tema dell’auto-svezzamento, ovvero il metodo secondo cui gli alimenti complementari al latte vanno introdotti “su richiesta”, lasciando che il piccolo scelga di mangiare i cibi dei genitori che sono sulla tavola mentre condivide il loro pasto. I vantaggi ipotizzati sono: a) si rispettano le scelte, i gusti e la capacità di autoregolarsi del bambino, favorendo la strutturazione di un rapporto sano con il cibo, che non viene vissuto come imposizione ma come elemento da scoprire, attraverso il proprio istinto, la propria attrazione per un cibo piuttosto che un altro, le proprie necessità (il bambino smette di mangiare quando è sazio), senza stress e ansie o pressioni, con un possibile impatto anche sulla prevenzione di disturbi dell’alimentazione come obesità, anoressia e bulimia; b) si valorizzano autonomia e autostima del bambino; c) viene favorita la convivialità e la socialità; d) anche la famiglia è stimolata a mangiare più sano perché assume gli stessi cibi del bambino. Ovviamente, perché sia applicabile questo modello di svezzamento, è importante che la dieta dei genitori sia sana, equilibrata, con cibi di qualità, senza abuso di sale o zuccheri, senza presenza di contaminanti, facendo attenzione alle possibili carenze alimentari e controllando accuratamente il rischio di inadeguato apporto di nutrienti per la crescita del bambino.
4) I bambini a rischio di allergie/intolleranze non vanno divezzati diversamente. Le più recenti e autorevoli evidenze sperimentali dimostrano che non ha senso l’introduzione ritardata di alimenti potenzialmente allergizzanti per prevenire le allergie, sia nei lattanti considerati a rischio che in quelli non a rischio di allergia. C’è anzi ragione di credere che la troppo ritardata introduzione di un alimento aumenti la prevalenza dell’allergia a quell’alimento anziché ridurla, perché si supera la “finestra” per l’acquisizione della tolleranza. Riguardo al glutine, è prudente evitare sia l’introduzione precoce (<4 mesi) che ritardata (>7mesi), e introdurlo mentre il lattante è ancora allattato al seno.
5) Alimentazione dopo l’anno di vita. Compiuto l’anno di vita, il bambino può mangiare la maggioranza dei cibi destinati ai componenti del nucleo familiare, sempre rispettando i LARN, cioè i livelli di assunzione raccomandati di nutrienti per ogni età per quanto attiene al fabbisogni di calorie, proteine, lipidi, carboidrati, fibre, vitamine, minerali. Inoltre è importante la ripartizione dell’introito calorico giornaliero in pasti frazionati: 30% colazione+spuntino, 30% pranzo, 10% merenda, 30% cena. Bisogna proporre ai bambini una dieta variata, equilibrata, rispettosa delle tradizioni e delle stagioni e il più possibile a kilometro zero, limitando snacks e dolci e bevande zuccherate e il consumo di sale e bevendo tanta acqua. Ma anche la quantità conta, oltre la qualità del cibo: mangiare poco, secondo gli studi più recenti, allunga la vita. Infine, va insegnato ai bambini il valore etico del cibo instaurando in famiglia un clima positivo di informazione e consapevolezza su ciò che si mangia.
6) Il valore del baby-food. I baby-food sono prodotti creati specificamente per il target di età dei lattanti (0-12 mesi) e dei bambini nella prima infanzia (1-3 anni). La normativa europea detta specifiche disposizioni sia sui requisiti di composizione a tutela dell’adeguatezza nutrizionale, sia sulle garanzie da fornire in termini di sicurezza alimentare, poiché prevede che i contenuti massimi ammessi di residui di contaminanti siano inferiori o assenti (esempio i pesticidi) rispetto ai corrispondenti limiti previsti dalla legislazione alimentare generale. La sicurezza alimentare rappresenta un tema quanto mai scottante, soprattutto quando si parla di alimentazione di bambini, più vulnerabili degli adulti perché i loro tessuti in fase di crescita assorbono più facilmente i tossici e i loro sistemi di difesa li eliminano più difficilmente in quanto immaturi. Ricordiamo che il “biologico” non assicura le stesse garanzie dei prodotti destinati all’infanzia (“baby-food”) in quanto la normativa vigente, pur imponendo che gli alimenti biologici siano coltivati senza pesticidi sintetici, ormoni della crescita, antibiotici e concimi chimici, non garantisce l’assenza di pesticidi né di contaminanti di origine naturale (micotossine).
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