Intolleranze e allergie
Ippocrate molti secoli fa già faceva osservazioni sperimentali sui disturbi legati all’assunzione di alcuni cibi e Lucrezio affermava: “quello che per un individuo è cibo, per un altro può essere veleno”. Oggi si sente parlare sempre più spesso di allergie, alimentari e non, e di intolleranze ma in realtà c’è una grande confusione terminologica per cui è necessario fare un po’ di chiarezza.
Le allergie sono reazioni avverse agli alimenti, di tipo acuto con insorgenza immediata, ovvero nell’arco di pochi minuti dall’ingestione dell’alimento; sono dosedipendenti, non presentano fenomeni di reattività crociata verso alimenti della stessa famiglia biologica ma spesso verso altri tipi di allergeni (es. pollini, lattice), hanno organi bersaglio ben definiti come la cute (orticaria), le mucose (edema), l’apparato respiratorio (rinite, asma), l’apparato gastrointestinale (vomito, nausea, diarrea, spasmi, meteorismo). I casi più gravi, per fortuna rari, possono interessare l’intero apparato cardio-circolatorio provocando il cosiddetto shock anafilattico.
La prevalenza nella popolazione generale è dell’1-2% con punte fino al 5% nei bambini di età inferiore ai due anni per l’allergia al latte vaccino, alle uova, al pesce. Altri allergeni molto comuni sono crostacei, arachidi, noci, nocciole, pomodoro, mela, pesca.
Le intolleranze sono fenomeni di ipersensibilità immunitaria caratterizzati dall’incapacità di assorbire o metabolizzare un determinato alimento, che tende ad accumularsi nel nostro organismo provocando una reazione abnorme. A differenza delle allergie vere e proprie, le intolleranze sono delle reazioni croniche e sono ritardate nel senso che i sintomi possono insorgere fino a 72 ore dopo l’ingestione dell’alimento tossico, non sono dose-dipendenti, presentano crossreattività verso alimenti della stessa famiglia biologica, non hanno organi bersaglio precisi ma possono interessare diversi organi ed apparati con sintomi a volte sfumati e non subito riconducibili all’alimentazione (cefalea, astenia e/o torpore, ipersudorazione, edemi, prurito, nausea). La prevalenza è molto più alta rispetto alle allergie, interessando 5-6 persone su 10. Gli alimenti responsabili sono spesso proprio quelli consumati più di frequente quali latte, caffè, grano, olio d’oliva, uova.
Sulla patogenesi delle intolleranze sono state formulate tre diverse teorie, tutte accomunate dallo “squilibrio” del sistema immunitario: la teoria delle carenze di minerali e vitamine in seguito all’uso prevalente di cibi molto elaborati e molto raffinati; la teoria dell’alterato assorbimento delle macromolecole dovuto a disbiosi intestinale; la teoria degli agenti stressanti (ambientali, chimici, fisici, infettivi, ormonali, sociali e psichici).
La diagnosi si avvale di test non convenzionali in vivo (test chinesiologici e biolettronici) e in vitro (Cytotest) sulla cui attendibilità e riproducibilità non c’è l’accordo della comunità scientifica internazionale. Un metodo più empirico, ma efficace per evidenziare le eventuali intolleranze con una buona precisione è la dieta di eliminazione: dopo una iniziale fase di disintossicazione, dove si eliminano gli alimenti ritenuti dubbi, si inizia a “sfidare” l’organismo reintroducendo un gruppo alimentare per volta a rotazione ogni 3-4 giorni e annotando scrupolosamente gli eventuali sintomi. Una volta identificato l’alimento “tossico” bisogna eliminarlo, insieme agli alimenti appartenenti alla stessa famiglia biologica, per un periodo variabile di tempo (in genere alcuni mesi) per disintossicare completamente l’organismo. Infine, si reintrodurrà quella sostanza rispettando il ciclo di 3-4 giorni per diluire nel tempo l’eventuale effetto avverso.
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