Venerdì 29 Marzo 2024, 13:20

Alimentazione bimbi: Nuove linee indirizzo del Ministero della Salute

Autore: dott. Carlo Alfaro | Pubblicato Dicembre 2016 in Salute

Il 26 marzo 2015 il Ministero della Salute ha istituito, nell’ambito del “Piano di Azione dell’Ue contro l’obesità infantile 2014-2020”, un “Tavolo di lavoro per la corretta alimentazione dei bambini fino a 3 anni”, chiamando i massimi esperti nazionali in nutrizione infantile con il compito di elaborare linee di indirizzo sulla corretta alimentazione ed educazione nutrizionale del bambino nei primi tre anni di vita, per fornire precise indicazioni alle Regioni e alle altre Istituzioni interessate all’infanzia. Il tavolo è nato dal presupposto che la relazione tra alimentazione e salute è dimostrata da evidenze scientifiche inequivocabili, ed in particolare il legame tra alimentazione nella prima infanzia e salute futura dell’individuo. I primi 1000 giorni di vita sono identificati come un periodo critico per la salute di una persona, per due ordini di motivi: a) le regole della sana alimentazione si imparano da piccoli; b) è nella fase iniziale della crescita che si crea la programmazione metabolica ed enzimatica del corpo per la costruzione di organi e apparati sani ed efficienti.
Le strategie di prevenzione mirate alla diade madre-bambino acquistano dunque un doppio valore, sia di tutela della salute nell’infanzia, sia di prevenzione di patologie croniche dell’età adulta, quali malattie cardiovascolari, renali, polmonari, diabete, allergie, malattie autoimmuni, neoplasie, osteoporosi e malattie mentali.

LE INDICAZIONI DEGLI ESPERTI
1) Allattamento al seno per almeno sei mesi. L’allattamento al seno garantisce la migliore alimentazione possibile per un bambino, assicurandogli una crescita, uno sviluppo ed una salute ottimali, non solo nell’immediato, ma per tutta la vita, mantenendo i suoi vantaggi nel tempo.
Il Ministero raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi e poi di proseguirlo, integrato con gli alimenti complementari, fino ai due anni ed oltre, secondo i desideri di mamma e bambino. Il latte materno comporta vantaggi sia per il bambino, come miglior legame di attaccamento, migliore conformazione della bocca, corretta maturazione del sistema immunitario prevenendo allergie, intolleranze, auto-immunità, protezione da infezioni respiratorie, asma, otiti, diarrea, infezioni urinarie, sepsi e meningite, obesità, diabete, cancro, problemi mentali, che per la mamma, come controllo del peso, riduzione di emorragia post-partum, prevenzione di osteoporosi, anemia, cancro al seno e all’ovaio.

2) No al latte vaccino nel primo anno di vita e cautela a partire dal secondo anno. Solo dopo l’anno di vita, può essere introdotto il latte vaccino, che comunque non dovrebbe essere assunto in quantità superiori ai 200-400 ml/die, per evitare un eccessiva assunzione di proteine. I cosiddetti “latti di crescita”, proposti per bambini da 1 a 3 anni, ad oggi non hanno ancora delle prescrizioni specifiche, benché contengano rispetto al latte vaccino, maggiori quantità di acidi grassi essenziali, ferro, iodio e vitamina D.
3) Rispettare i LARN per proteine, carboidrati, lipidi. L’apporto energetico complessivo, tra 1 e 3 anni, deve essere adeguatamente ripartito tra i diversi macro-nutrienti (proteine, carboidrati, lipidi) secondo le più recenti indicazioni dei “Livelli di Assunzione di Riferimento ed Energia per la popolazione” (LARN) - IV revisione 2014: per il 50% dai carboidrati, per il 40% dai grassi e solo per circa il 10% dalle proteine. Riguardo all’apporto proteico, l’alimentazione dei bambini italiani (secondo i dati del progetto CHOP e, prima, di Rolland-Cachera) è, in ambito europeo, la più ricca di proteine, con oltre 3 volte il quantitativo di proteine necessario per l’età.
Il carico eccessivo di proteine affatica i reni, e aumenta la produzione di insulina, con conseguente eccessivo incremento ponderale precoce, che condiziona lo sviluppo di obesità nelle età successive. Il problema riguarda già la dieta in gravidanza, perché se la madre assume troppe proteine, il feto già alla nascita ha un numero maggiore di adipociti. E’ importante anche il rapporto tra proteine di origine animale (carne, pesce, uova, latte e derivati) e di origine vegetale (cereali, legumi, frutta secca), che deve essere il 50% per ciascuna delle due fonti. Le proteine di origine animale hanno il pregio di essere di elevata qualità, perché posseggono tutti gli aminoacidi essenziali, e di alto valore biologico, perché consentono un migliore sfruttamento dell’azoto. Spesso però si accompagnano a grassi, quindi vanno divise equamente con quelle di origine vegetale. Al discorso dell’apporto proteico è collegato quello molto attuale e dibattuto del “vegetarianismo” in età pediatrica. In Italia oggi ci sono 5 milioni di vegetariani e tra questi i vegani, che escludono qualunque tipo di alimento di origine animale, compreso latte, formaggi, uova, miele, sono in continua crescita. Nelle diete vegetariane il valore biologico delle proteine può essere scarso: è necessario pertanto combinare attentamente i cibi di origine vegetale che sono carenti o privi di alcuni aminoacidi con altri alimenti vegetali ricchi di tali aminoacidi, per esempio, associando i legumi ai cereali. La dieta vegetariana stretta espone però a carenza di altri nutrienti come ferro, vitamina B12, vitamina D, calcio, zinco, che devono essere supplementati per non rischiare difficoltà di accrescimento, anemia da carenza di ferro, anemia megaloblastica dovuta a carenza di vitamina B12 (che può anche comportare gravi problemi neurologici) e rachitismo da carenza di vitamina D, soprattutto in età prescolare(prima dei 5 anni), quando la crescita è più veloce, nel caso di dieta vegana. Riguardo ai carboidrati, è opportuno moderare il consumo di alimenti dolci e bevande con zuccheri aggiunti, e prediligere carboidrati a struttura complessa, come cereali, frutta, ortaggi, verdura. In Italia i consumi tra i bambini di ortaggi, verdure e frutta continuano ad essere inadeguati (il 23% non ne fa un uso quotidiano). Viene auspicato un intervento a più livelli- medici, scuola, media- per implementarne il consumo sin dalla più tenera età, e già in gravidanza e allattamento, poiché è dimostrata la capacità del bambino di apprezzare e riconoscere i gusti attraverso il liquido amniotico e il latte materno. Riguardo ai grassi, è importante assicurare l’apporto di acidi grassi Omega 3, essenziali per lo sviluppo del cervello. Ciò nel lattante viene garantito dal latte materno e, in sua mancanza, dai latti formulati, ma non dal latte vaccino. Nel bambino più grande,2-3 porzioni di pesce grasso (pesce azzurro, trota, salmone) alla settimana consentono di raggiungere le assunzioni raccomandate. No ai “grassi idrogenati” (contenenti acidi grassi trans) ai bambini: si tratta di oli vegetali liquidi che l’industria rende solidi aggiungendo idrogeno,
oggi accusati di aumentare i rischi di malattie cardiovascolari, poiché fanno aumentare il livello delle lipoproteine LDL, il cosiddetto "colesterolo cattivo”. Scagionato invece l’olio di palma, presente anche nei latti artificiali, e sospettato di nocività per la sua concentrazione di grassi saturi (50%), assolti invece dalle evidenze scientifiche attuali dal rischio di malattie cardiovascolari. E’ auspicabile comunque l’utilizzo di “olio di palma sostenibile”, non proveniente da deforestazione, e l’accortezza delle industrie a limitare i contaminanti del processo di produzione, in particolare il 3MCPD.
4) Garantire l’apporto di ferro. Il ferro è indispensabile per la crescita fisica e lo sviluppo neurocomportamentale. I nati a termine allattati esclusivamente al seno ne mantengono solitamente scorte sufficienti per i primi 6 mesi. Nelle categorie a rischio di carenza (per esempio lattanti nati prematuri) è preferibile attuare una supplementazione individualizzata di ferro. In mancanza di latte materno, va utilizzato il latte in formula che ne è integrato. Nel divezzamento e fino a 3 anni è necessario assumere alimenti a elevato contenuto di ferro biodisponibile (carne, pesce).